Il vangelo di questa domenica fa parte – come quello della settimana scorsa – del discorso parabolico e, infatti, il brano ci presenta tre parabole: quella del grano e della zizzania, quella del granello di senapa e quella del lievito.
Anche oggi, dopo la narrazione delle storie, vi è una ripresa del discorso in privato, con i soli discepoli, con Gesù che spiega la parabola del grano e della zizzania.
Sono racconti molto noti, sui quali, pertanto, non mi soffermerei molto, anche perché ciò che quest’anno mi preme mettere in luce è qualcosa che forse non tutti/e sanno: la parabola della zizzania è uno dei testi che lungo la storia della Chiesa è stato usato per giustificare l’Inquisizione.
So che può sembrare paradossale, perché il testo dice esplicitamente che la zizzania non va estirpata (“fino alla mietitura”, cioè – ci dice la spiegazione – fino alla «fine del mondo»), eppure, nel corso dei secoli, si fece strada l’idea che se fosse stato chiaro cosa era la zizzania (l’eresia) e cosa il grano (la vera fede), non solo l’estirpazione diventava lecita, ma addirittura doverosa.
Sulla base di questa interpretazione, migliaia di persone sono state processate e condannate a morte.
Perché parlo di questa vicenda?
Perché quando si ha per le mani il vangelo bisogna fare molta attenzione a non usarlo per fargli dire quello che vogliamo noi o che ci fa comodo.
Come ci ha insegnato il Concilio Vaticano II, in particolare con la costituzione dogmatica Dei Verbum, i testi biblici non solo non vanno presi alla lettera, ma vanno interpretati correttamente. Una corretta interpretazione è quella che (attraverso tutta una serie di studi) ricostruisce quella che era l’intenzione dell’autore biblico: quella è Parola di Dio, non quello che capisco io (o che voglio capire). Inoltre, un criterio ineludibile è quello per cui ciascun brano, per essere ben interpretato, va collocato nell’interezza del dato rivelato: non si possono estrapolare frasi evangeliche dal loro contesto e usarle per giustificare le nostre posizioni.
Rispetto alla parabola della zizzania – considerata l’intera vicenda di Gesù – è chiaro che il senso non è quello dell’estirpazione. Anzi, si tratta della rivelazione che il male non si estirpa eliminando le persone malvagie …
Il Regno che il Signore è venuto ad annunciare non è quello di chi affronta il male, uccidendo le persone malvagie, tant’è che l’unico che sarà “estirpato” è proprio lui, in croce.
Il mio invito è, dunque, quello di provare a riflettere sulla nostra relazione con male (col male che abbiamo subito, col male dentro di noi, col male che abbiamo fatto), per vedere se e quanto è forte la tentazione di agire per “estirpazione” … e provare magari a immaginare vie diverse …