Settimana scorsa abbiamo ascoltato il primo annuncio della passione; questa settimana la liturgia ci propone il secondo.
Tra le righe si legge l’intenzione di Gesù di approfondire la questione con le persone che aveva più vicino: «Gesù e i suoi discepoli attraversavano la Galilea, ma egli non voleva che alcuno lo sapesse. Insegnava infatti ai suoi discepoli». È soprattutto con loro che vuole chiarire il senso e il destino della sua missione, loro che – già la prima volta – erano stati restii ad accogliere ciò che gli stava dicendo.
Anche stavolta la situazione appare paradossale, perché – proprio mentre Gesù parla della sua consegna, della sua uccisione e della sua risurrezione – loro discutono su chi sia il più grande.
Questa vicenda ci rivela quanto sia difficile interiorizzare il messaggio di Gesù e non solo per i discepoli di allora: infatti tutti (o quasi) siamo disposti a fare il bene, a patto che ci torni indietro altro bene… ma farlo, sapendo di ricevere in cambio l’insulto e lo sputo (per parafrasare De André) è un’altra cosa.
Bisognerebbe dunque tornare a chiedersi le ragioni del “fare il bene”, del volere bene, del volere il bene… Gesù lo propone come stile di vita, all’interno di una visione che pensa a ciascun essere umano come a un fratello, una sorella, uno/a dei miei, di cui mi importa, di cui mi occupo, di cui mi preoccupo. È l’idea che gli nasce dalla convinzione che siamo tutti figli dello stesso Padre, dello stesso cielo, della stessa terra.
I discepoli invece faticano a entrare in questa logica e si pensano – gli uni gli altri (seppur all’interno dello stesso gruppo) – come persone in competizione per essere il «più grande».
La logica della rivalità è esattamente quella opposta a quella della solidarietà: dove il sentirci parte della stessa figliolanza, umanità, carne ci porta a prenderci cura gli uni degli altri, a sentire mio / dei miei ogni essere umano, la competizione è ciò che rompe questo legame originario per creare disparità, esseri superiori ed esseri inferiori, persone che valgono di più e persone che valgono di meno, discepoli più grandi e discepoli più piccoli.
Gesù stesso – alla fine – verrà ucciso da questa logica: «Glielo avevano consegnato per invidia» (Mt 27,18).
Ciò su cui il vangelo ci invita a ragionare è dunque quale sia il nostro orizzonte di senso (solidale o competitivo), quali le ragioni che ci hanno portato a questa visione del mondo e degli altri, quali i pensieri, i gesti, i modi di fare quotidiani che rivelano il nostro modo di vedere la vita.
Se non proviamo, oltre che a pensare, anche a pensare a come pensiamo, non potremo scoprire se e quanto siamo lontani/vicini alla visione del mondo di Gesù.