Riprendiamo quest’oggi la lettura del vangelo di Marco.
I farisei pongono a Gesù una domanda che ha un chiaro tono di biasimo: «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?».
Per comprendere bene la portata del brano odierno è importante avere presente la prima lettura, di cui riporto anche i versetti che la liturgia omette: «I vostri occhi videro ciò che il Signore fece a Baal-Peor: come il Signore, tuo Dio, abbia sterminato in mezzo a te quanti avevano seguito Baal-Peor; ma voi che vi manteneste fedeli al Signore, vostro Dio, siete oggi tutti in vita» (Dt 4,3-4).
L’invito è quello di adempiere norme: un invito che, tuttavia, è figlio di uno “sterminio”.
Si tratta, pertanto, di una saggezza e un’intelligenza che si nutrono di obbedienza. Basta non aggiungere e non togliere nulla.
La religione vive di questo: la assoluta prevalenza della Legge e del Culto.
I farisei che rimproverano Gesù sono in perfetta sintonia con questa mentalità.
E il cuore?
Gesù, nel vangelo, scardina il meccanismo religioso, difendendo il gesto dei suoi discepoli di non rispettare regole che con il suo annuncio non hanno nulla a che fare.
Sposta la questione: da regole religiose, rispetto formale ed esteriore, timore di contaminarsi (tipici paradigmi religiosi, appunto) all’invito (tratto da Isaia 29,13) ad “avere il cuore vicino a Dio” (non un “imparaticcio di precetti umani”).
La religione è fatta di regole date dagli uomini, e guai ad aggiungere o togliere qualcosa.
Il vangelo, al contrario, propone di avere “un cuore vicino a Dio”.
Dovemmo domandarci in cosa consiste, per ciascuna/o di noi, questo “cuore vicino a Dio” che Gesù propone.
Innanzitutto, è la liberazione dalle regole religiose (Bonhoeffer parlava di “cristianesimo non religioso”). Si tratta di una questione sempre delicata, perché siamo reticenti a guardare in modo critico ciò che ci è stato insegnato da bambini/e e perché la paura che Dio si possa arrabbiare rispunta sempre nei nostri cuori mai evangelizzati fino in fondo. La paura di Dio è, infatti, ciò da cui Gesù è venuto primariamente a salvarci.
Eppure, forse sarebbe ora di guardare con uno sguardo maturo alle nostre “tradizioni umane”.
Poi, questo cuore vicino a Dio è la passione per l’umano, per la fragilità dell’essere umano che ogni giorno si incontra. Non a caso la seconda lettura termina con «visitare gli orfani e le vedove nelle sofferenze», topos biblico per riferirsi a quello sguardo di com-passione verso noi stessi/e, gli altri/e, il mondo intorno a noi.
La ripresa dell’anno sociale, con i propositi da cui è sempre accompagnata, può essere l’occasione per reimpostare la propria vita di fede non più sull’osservanza delle norme, ma sulla vicinanza del cuore.
Buon ricominciamento a tutti/e.