Come anticipato la settimana scorsa, questa domenica la liturgia ci propone di seguire il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci secondo la versione dell’evangelista Giovanni.
L’evento è probabilmente uno dei più noti della vita di Gesù, anche perché è narrato (in alcuni casi più volte) in tutti i vangeli.
La versione di Giovanni, tuttavia, presenta questo episodio all’interno della lunga sezione sul pane di vita che funge da “sostituto” del racconto dell’istituzione dell’eucaristia che il Quarto Vangelo – appunto – non ha (durante l’ultima cena, infatti, Giovanni racconta la cosiddetta “lavanda dei piedi”).
Inoltre, la composizione giovannea inserisce elementi e varianti che lo fanno differire dai sinottici. Ne vorrei segnalare, in particolare, due:
1 – Mentre Marco, Matteo e Luca riferiscono che i pochi pani (e i pochi pesci) a disposizione erano dei Dodici, Giovanni dice che appartenevano a un ragazzo: «Gli disse allora uno dei suoi discepoli, Andrea, fratello di Simon Pietro: “C’è qui un ragazzo che ha cinque pani d’orzo e due pesci; ma che cos’è questo per tanta gente?”».
2 – Nei sinottici sono i discepoli a distribuire i pani e i pesci, mentre nel racconto del Quarto Vangelo è Gesù stesso: «Rispose Gesù: “Fateli sedere”. C’era molta erba in quel luogo. Si misero dunque a sedere ed erano circa cinquemila uomini. Allora Gesù prese i pani e, dopo aver reso grazie, li diede a quelli che erano seduti, e lo stesso fece dei pesci, quanto ne volevano».
Non sono certo particolari che cambiano sostanzialmente il significato del racconto, che ruota attorno al bisogno umano di essere nutriti e al dare da mangiare del Signore.
E tuttavia, il fatto che sia Gesù stesso a dare da magiare consente un ulteriore ampliamento della prospettiva: non si tratta solo di dare da mangiare, ma di dare se stesso come nutrimento.
Infine, il fatto che i cinque pani e i due pesci siano portati da un ragazzo mostra come la straordinarietà dell’aver mangiato in un gran numero di persone (che fino a poco prima non si sapeva come avrebbe potuto fare) sia scaturita dal piccolo contributo di un piccolo uomo (un ragazzo).
Chiunque si apra alla condivisione (che può nascere solo da uno sguardo intenerito sugli altri / sulle altre) – qualunque sia la sua “statura” – è come se riversasse fuori di sé un’onda di benevolenza, di simpatia, di tenerezza che può contagiare e – se accolta e rilanciata – è in grado di fare grandi cose.
Ogni volta che ci viene da farci prendere dallo scoraggiamento e da dire “Perché fare questa cosa?”, «Che cos’è questo per tanta gente?», ricordiamoci di quel piccolo uomo coi suoi pochi pani e pochi pesci e proviamo a lanciare la nostra onda contagiante.