Il vangelo di questa domenica contiene tre parabole sul Regno (quella del tesoro nascosto, quella della perla preziosa e quella della rete piena di pesci) e una similitudine (quella dello scriba “istruito” al regno dei cieli).
La terza parabola poi si allunga in una breve esplicitazione catechetica, che – temo – attiri subito la nostra attenzione: «Così sarà alla fine del mondo…».
La nostra atavica paura di quello che ci capiterà alla fine prende infatti il sopravvento. In più, le parole di Gesù paiono andare incontro a quello scenario spaventoso (ma, per certi versi, anche rassicurante) che spesso ci è stato prospettato da ragazzi: l’inferno per i cattivi e il paradiso per i buoni.
Spaventoso, perché nessuno sa se è stato abbastanza buono per meritarsi il paradiso; ma anche rassicurante, perché, in fin dei conti, ognuno di noi pensa “Ce n’è di ben peggiori di me…”.
Senza contare che – se chiedessero a noi – sapremmo benissimo chi destinare da una parte e chi dall’altra. A parte, forse, qualche caso dubbio: quelli fuori dalle regole della chiesa, ma che sono tanto buoni (e ci dispiacerebbe finissero all’inferno); o quelli tutti pii, ma che in realtà sono delle serpi (che non ci parrebbe proprio giusto finissero in paradiso)…
Insomma… un’analisi onesta e anche piuttosto magnanima…
Che però – c’è da chiedersi – cosa c’entri col vangelo (che, ricordo, significa “buona notizia”)…
Se proviamo, solo per un attimo, a prescindere da questo “allungamento” della terza parabola, troviamo infatti tutt’altra atmosfera: proviamo a calarci nei panni di un uomo che trova un tesoro nascosto, o in quelli di un mercante che trova un perla di grande valore, o in quelli dei pescatori che tirano a riva una rete piena di ogni genere di pesci… che emozioni proviamo?
Io direi: entusiasmo, incredulità (troppo bello per essere vero!), pienezza.
Emozioni rispetto alle quali ci parrebbe per nulla oneroso dover vendere tutti i nostri averi per comprare il campo, o la perla, o dover fare la fatica di buttare via quel po’ di pesci non commestibili: a confronto di quello che avremmo (un tesoro, una perla preziosa, una rete piena di pesci) ci parrebbe nulla!
Questa è la dinamica che il vangelo dovrebbe suscitare e non una sterile disquisizione sull’inferno e il paradiso, che serve solo a placare le nostre ansie.
Anche perché, guardando le cose con questa prospettiva, l’“allungamento” della terza parabola non sarebbe stato messo lì per dirci: attenzione, c’è il pericolo di andare all’inferno! Ma, anzi, per dire: alla fine, se pure ci sarà qualcosa da buttare (qualcosa, non qualcuno), se pure ci saranno dei beni da lasciare, ciò a cui dovete guardare è il tesoro, è la perla, è la rete piena.
«Avete compreso tutte queste cose?», cioè avete compreso cosa guardare? Il Regno, che è vivere amando come Gesù ci ha amati, implica, certo, anche un lasciare, un buttare, ma questo è nulla in confronto all’entusiasmo, al troppo bello per essere vero, alla pienezza che esso fa sperimentare.
Questa è la proposta di Gesù: non ci chiede sacrifici e sforzi per meritarci il paradiso e scampare all’inferno. Non ci chiede la rinuncia alle cose belle dell’aldiqua, per ottenere poi la ricompensa nell’aldilà. Ma ci propone un’avventura entusiasmante, troppo bella per essere vera, un’avventura che fa sperimentare pienezza: è l’avventura del provare ad amare, dell’imparare a farlo in maniera sempre più simile alla sua; è l’avventura del trasformare il nostro cuore (come chiedeva Salomone) in un cuore saggio, intelligente e… buono.
Perché il vangelo di Gesù non è farci star lontani dal male con la paura dell’inferno, ma è annunciarci che è un paradiso vivere una vita amante.
Dovremmo allora provare a stare un po’ meno a bagnomaria nelle nostre paure e immergerci nelle emozioni dell’uomo del tesoro nel campo, del mercante della perla preziosa, dei pescatori della rete piena… e chiederci: noi quando abbiamo sperimentato qualcosa di bello così?
Sono certa, che le vostre risposte, come la mia, hanno a che fare con l’amore che avete dato e ricevuto.