Per non fraintendere il testo del vangelo di questa settimana, è importante capire di cosa stia parlando Gesù.
Siamo al capitolo 10 di Matteo, i cui primi 15 versetti parlano della missione dei Dodici. Il problema messo in luce è che la loro testimonianza non troverà un’accoglienza gioiosa e trionfale, anzi: il messaggio che hanno da portare è un messaggio che scatenerà persecuzioni, accuse, odio, invettive, morte.
Un primo elemento di riflessione potrebbe essere questo: contrariamente, forse, a quanto ci aspettiamo, l’annuncio di un Dio che ama tutti a molti non piace.
Perché?
Per rispondere, bisogna provare a trarre le conseguenze, non solo teoriche, ma anche pratiche di quell’annuncio, cosa che – a mio giudizio – i credenti fanno troppo poco.
Annunciare che Dio ama tutti vuol dire annullare tutte le divisioni che, in nome di Dio, hanno strutturato la storia degli uomini: le divisioni etniche (il popolo di Dio – ogni popolo si considera il popolo del suo dio – contro gli altri popoli), le divisioni etiche (i “buoni” – coloro che stanno dalla parte di Dio – contro i “cattivi”), le divisioni gerarchiche (gli “uomini di Dio” contro gli uomini “normali”), le divisioni di genere (Dio – identificato col maschile – è sempre stato il pretesto per la costruzione di società patriarcali, in cui l’essere pienamente umano, il soggetto, è l’uomo maschio: gli altri – donne, bambini, disabili, eunuchi – e quelli che oggi noi chiameremmo appartenenti alla comunità LGBT e che un tempo erano chiamati effeminati o cose di questo tipo – sono semplicemente oggetti, oggetti sessuali, oggetti di scherno o semplicemente proprietà), in generale tutte le divisioni che strutturano il mondo in “giusti” (quelli che stanno dalla parte giusta, dalla parte di Dio) e “sbagliati”.
Annunciare che Dio ama tutti, vuol dire annullare queste divisioni e cioè – ancora più concretamente – vuol dire annullare il retro-pensiero legato a queste divisioni per cui ci sarebbero “uomini di serie B”, persone nemmeno definibili “uomini”, esseri umani che contano meno, che non sarebbero figli di Dio o lo sarebbero in grado minore, perché guardati male da Dio, meno amati, e dunque meno degni di essere “uomini”.
È chiaro che se vai ad annunciare ad un popolo, ad un’etnia che Dio ama ogni popolo, ogni etnia; se vai ad annunciare ai “buoni” che Dio ama anche i “cattivi”; se vai ad annunciare ai sacerdoti che Dio ama anche i laici; se vai a dire ai maschi che Dio ama anche le donne, i bambini, i disabili, gli omosessuali, i bisessuali, i trans, ecc…; se vai a dire ai “giusti” che Dio ama anche gli “sbagliati”; insomma se vai a dire a chi si sente eletto che Dio ama tutti, qualcuno potrebbe non prenderla bene: sia per un danno d’immagine, sia – soprattutto – perché tutti i privilegi, gli onori e i poteri legati al suo status di presunto eletto da Dio, cadrebbero in un attimo.
Ecco perché il messaggio di Gesù che gli apostoli portano in giro per il mondo e che annuncia un Dio che ama tutti, scatena contro di loro una reazione rabbiosa, violenta e omicida.
Le parole del vangelo di oggi sono quelle che Gesù dice per chi si trova nella situazione degli apostoli, e che potremmo riassumere così: “tenete la schiena dritta”.
Nella persecuzione – e chi ci è passato lo sa – la tentazione di cedere è forte: ti viene da annacquare l’annuncio, di renderlo meno dirompente, di diluirlo; ti viene da cercare un compromesso, per prendere meno botte, come canta Vecchioni in Stranamore (pure questo è amore): «Ora gli dico: “Sono anch’io fascista”, ma ad ogni pugno che arrivava dritto sulla testa, la mia paura non bastava a farmi dire basta».
Ecco, la paura non deve farci dire basta.
Dice Gesù: «Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima»; che Dio ama tutti «ditelo nella luce», «annunciatelo dalle terrazze», «davanti agli uomini» e traetene le conseguenze nella vita «per consegnare alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità» [F. De André].
2 commenti
Molto bello quello che scrivi, e che condivido in pieno. Ma come spieghi gli ultimi versetti: “ Perciò chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». “ Sembrerebbe che la divisione ci sia e forse non proprio tutti sono amati .
Li spiego così: il contesto è quello dell’invio in missione. Gesù sta mettendo in guardia i suoi: che non pensino di andare alla sagra della ciliegia e di essere applauditi e osannati. Il genere letterario è perciò quello della “messa in guardia”, dell'”avvertimento”. I sentimenti coinvolti li possiamo immaginare: forse sono paragonabili a quelli di una mamma che parla al suo bimbo la mattina del primo giorno di scuola: il “piccolo” deve affrontare un’impresa, importante, impegnativa, che non sarà una passeggiata… Dopo tutti i consigli e le indicazioni, la chiusura di questi discorsi è sempre la stessa: “Mi raccomando fai il bravo… altrimenti…”.
Dove l'”altrimenti” non è una minaccia reale, ma solo il modo – linguisticamente usuale – di far capire – ancora una volta – al “piccolo” che quello che sta andando a fare non è un gioco, è una cosa seria e lui deve essere serio.
Prendere letteralmente – e non come espressione tipica di un certo genere letterario – la frase di Gesù ci porterebbe a un’incngruenza: Gesù smentirebbe Gesù stesso, in ciò che dice in tutto il vangelo (per es. in ciò che capita a Pietro). E dunque un’operazione scorretta.