Il vangelo di questa domenica narra l’episodio di Gesù che calma la tempesta.
Si tratta di un “miracolo” piuttosto conosciuto, che tuttavia merita di essere approfondito perché se ne comprenda fino in fondo il significato.
L’evento è, infatti, raccontato all’interno di quel capitolo 4 del vangelo di Marco di cui abbiamo già parlato la settimana scorsa, quando dicevamo che si tratta di un capitolo quasi interamente occupato da testi parabolici.
Due di quelle parabole costituivano il brano della liturgia della domenica passata.
Una si queste conteneva un riferimento al dormire, esattamente come il testo odierno.
Là si parlava di «un uomo» che aveva gettato «il seme sul terreno»; e si diceva: «Dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce».
Qui l’uomo che dorme è Gesù, nel bel mezzo di una tempesta.
In entrambi i casi ciò che implicitamente è messo in discussione è l’efficacia dell’attuarsi del Regno (del regno del bene): nella parabola, la mancanza di fiducia nasceva dal fatto che – essendo il seme sotto terra – non si poteva vedere il suo effettivo germogliare; nell’episodio di oggi, la mancanza di fiducia sorge per l’imperversare della tempesta (metafora delle tempeste di cui la vita è disseminata).
Come nel caso della parabola, anche il testo odierno deve essere, allora, interpretato come un invito alla fiducia (l’unico vero antidoto alla disperazione).
Il gesto di Gesù di calmare il mare e di far tacere il vento non è l’esibizione di una potenza fine a se stessa, ma è un richiamo forte al non perdere la fiducia: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
Ma cosa vuol dire “avere fede”?
Non si tratta di avere una ingenua e acritica fiducia nel fatto che tutto si risolverà per il meglio.
La fede di cui parla Gesù è il rapporto di fiducia reciproca che è possibile costruire con lui e – tramite lui – con Dio. È un rapporto che nasce (o che è nato tanto tempo fa) quando, affascinati/e dalla sua figura, decidiamo (o abbiamo deciso) di conoscerlo meglio e poi ci sbilanciamo (o ci siamo sbilanciati) per entrare in relazione con lui, dargli del tu, scrivere insieme a lui la storia della nostra vita.
Tutto ciò è possibile – appunto – solo nella fiducia reciproca: sua nei nostri confronti e nostra nei suoi. Fiducia che quella sia una storia vera, autentica, in cui ci si consegna, ci si svela, in cui si sa che l’altro/a, l’Altro/a ci sarà, ci sarà per te e ci sarà per sempre.
È la possibilità di questa relazione con Dio, la buona notizia che Gesù è venuto ad annunciare, quel vangelo che ci libera dalla paura e ci abilita a una vita piena.