Il capitolo 4 del vangelo di Marco è quasi interamente occupato da parabole, due delle quali sono riportate nel testo di questa domenica.
Si tratta della seconda e della terza parabola del seme. Entrambe hanno lo scopo di infondere fiducia in quel regno di Dio che pare faticare così tanto a diventare realtà.
Nel primo caso, infatti, Gesù vuole mostrare come – anche se non ce ne accorgiamo, «dorma o vegli» l’uomo che l’ha seminato – «il seme germoglia e cresce».
Nel secondo, invece, la fiducia viene infusa ricordando che il granello di senape «che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno», «cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto».
A partire da queste due parabole, si può dire che il regno di Dio – l’utopia di Gesù – assomiglia alle idee regolative di kantiana memoria.
Kant diceva che la nostra ragione elabora idee non suffragate dall’esperienza e quindi non annoverabili tra le conoscenze certe: si tratta dell’idea di mondo (cioè l’idea della totalità di ciò che è esterno a noi), dell’idea di anima (cioè l’idea della totalità di ciò che è dentro di noi) e l’idea di Dio (cioè l’idea della totalità della totalità).
Noi, infatti, non facciamo mai esperienza di queste totalità.
Eppure esse funzionano come idee regolative, cioè ci mostrano un orizzonte limite che – seppur irraggiungibile per l’intelletto umano – lo spingono ad ampliare sempre più le sue conoscenze.
Allo stesso modo, il regno di Dio che – imitando il gergo kantiano – potremmo paragonare alla totalità del bene, è forse qualcosa di cui non faremo mai esperienza, non ne vedremo la piena realizzazione.
Eppure funge da idea regolativa, cioè ci spinge ad allargare sempre di più lo spazio, l’estensione e l’intensità del nostro bene.
Senza lasciarci scoraggiare dalla mancanza di risultati visibili («dorma o vegli» l’uomo che l’ha seminato, «il seme germoglia e cresce») o dalla piccolezza della sua realtà (il granello di senape «che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno», «cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto»).
L’orizzonte limite dell’amore è sempre lì che ci chiama, ci attira a sé e promette diffusione.