Questa domenica ricomincia la lettura del vangelo di Marco che avevamo lasciato nei mesi scorsi, per concentrarci sul tempo di quaresima e sul tempo di Pasqua.
La liturgia ci fa ripartire dall’ultima parte del terzo capitolo, immediatamente dopo l’episodio della chiamata dei Dodici.
Siamo ancora nelle battute iniziali del vangelo, quando l’evangelista Marco sta presentando la figura di Gesù nei suoi primi passi durante il ministero in Galilea.
Ebbene, il testo di oggi ci presenta l’incomprensione a cui, da subito, Gesù è andato incontro.
Nella prima parte del vangelo, infatti, si ripropone una scena già vista: «Gesù entrò in una casa e di nuovo si radunò una folla, tanto che non potevano neppure mangiare».
L’elemento nuovo è, tuttavia, che questo interesse ed entusiasmo della folla, suscita nei suoi una reazione inaspettata: «I suoi, sentito questo, uscirono per andare a prenderlo; dicevano infatti: “È fuori di sé”».
I suoi sono i suoi familiari che – avendo saputo ciò che Gesù stava facendo e dicendo – lo ritengono “fuori di sé” e decidono di andare a prenderlo con l’intento di parlargli, forse riportarlo a casa, in ogni caso impedirgli di mettersi in ridicolo o in pericolo.
Non sono però gli unici a pensare che in lui ci sia qualcosa che non vada: «Gli scribi, che erano scesi da Gerusalemme, dicevano: “Costui è posseduto da Beelzebùl e scaccia i demòni per mezzo del capo dei demòni”».
Anche gli scribi, dunque, ritengono che Gesù sia fuori di sé, ma attribuiscono la causa di tutto ciò al demonio: vedono Gesù come un indemoniato.
Le parole di Gesù, pertanto, sono la risposta a queste interpretazioni circa il suo comportamento (essere fuori di sé / essere posseduto da un demonio): «Come può Satana scacciare Satana? Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non potrà restare in piedi…».
Il ragionamento è molto chiaro, è come se Gesù dicesse: “Come posso essere posseduto da Satana se il mio agire scaccia Satana?”. In effetti, fino a questo momento (e sarà così per tutto il resto del vangelo), Gesù non ha fatto altro che liberare dal male le persone che incontrava.
Nel discorso introduce però una frase piuttosto criptica: «In verità io vi dico: tutto sarà perdonato ai figli degli uomini, i peccati e anche tutte le bestemmie che diranno; ma chi avrà bestemmiato contro lo Spirito Santo non sarà perdonato in eterno: è reo di colpa eterna».
Molti teologi e molte teologhe si sono interrogati/e sul senso di questo peccato considerato imperdonabile (la bestemmia contro lo Spirito Santo), chiedendosi cosa intendesse Gesù.
Al di là di molte interessanti interpretazioni e al di là di altre letture un po’ meno interessanti, ciò che mi sembra doveroso è il mantenimento della questione all’interno del suo contesto.
Segue, infatti, una piccola precisazione: «Poiché dicevano: “È posseduto da uno spirito impuro”».
In qualche modo, allora, la bestemmia contro lo Spirito Santo sarebbe la distorta interpretazione dell’agire di Gesù: intendere cioè la sua opera come dedita al male, pensare che sia male ciò che fa o – peggio – ritenere che ciò che fa, dicendo che è bene, in realtà, abbia fini malvagi.
Non vado oltre nella specificazione di questo atteggiamento, ma penso che sia qualcosa su cui valga la pena soffermarsi a ragionare tra sé e sé (o anche con altri/e).
Infine, il brano termina con il sopraggiungere dei familiari di Gesù: «Giunsero sua madre e i suoi fratelli e, stando fuori, mandarono a chiamarlo».
È a questo punto che Gesù introduce un’altra questione fondamentale: «“Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?”. Girando lo sguardo su quelli che erano seduti attorno a lui, disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli! Perché chi fa la volontà di Dio, costui per me è fratello, sorella e madre”».
Siamo di fronte a una delle rivoluzioni più grandi (e forse meno sottolineate) del modo di essere di Gesù: la riscrittura delle relazioni su basi nuove. Di fronte al familismo della società patriarcale di allora, Gesù dice che i rapporti di sangue non sono necessariamente i più importanti. Anzi, è possibile ricostruire appartenenze decisive come quelle fondate sul sangue su altre basi. Per lui, la base su cui farsi una nuova famiglia è fare la volontà di Dio (cioè, liberare dal male…).