VI Domenica di Pasqua (commento)

Oggi, come nelle due domeniche precedenti, la Chiesa ha scelto di farci leggere un testo tratto dal vangelo di Giovanni e – in particolare – dal vangelo di Giovanni che narra di quando Gesù è ancora in vita: il primo era al cap. 10, il buon pastore; il secondo era al cap. 15, la vite e i tralci; quello odierno è la continuazione di quest’ultimo (Gv 15,9-17).

Salta subito all’occhio infatti il richiamo al “rimanere”: come il tralcio porta molto frutto quando rimane nella vite, così Gesù invita a rimanere nel suo amore perché la nostra gioia sia piena.

Torna, quindi, la domanda della settimana scorsa: cosa vuol dire rimanere?

In particolare, oggi la domanda si specifica così: cosa vuol dire rimanere nell’amore di qualcuno/a?

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V Domenica di Pasqua (commento) – Fiorire

Il brano di vangelo di questa domenica ci propone la famosa metafora della vite.

Il testo però contiene già anche la spiegazione delle immagini metaforiche con la loro corrispondenza nella realtà: il Padre è rappresentato dalla figura dell’agricoltore, Gesù da quella della vite e noi da quella dei tralci.

Le espressioni che segnalano le relazioni in atto sono l’attività dell’agricoltore-Padre (prendersi cura della vigna, tagliando e potando), quella reciproca della vite-Gesù e dei tralci-noi (rimanere: «Rimanete in me e io in voi»), quella dei tralci-noi (portare frutto).

Anche se istintivamente ci verrebbe subito da precipitarci su ciò che dobbiamo fare noi (una precipitazione sempre un po’ figlia dell’ansia di essere all’altezza, ansia a sua volta figlia della permanente atavica paura di non piacere a Dio, paura a sua volta figlia di una scorretta immagine di Dio che abbiamo nel cuore), ritengo che sia importante soffermarsi su tutti gli attori che il vangelo mette in campo e su ciascuno dei ruoli che essi svolgono.

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