Il vangelo di questa domenica ci propone il secondo annuncio della passione di Gesù.
Non andrà molto meglio del primo (che abbiamo visto la settimana scorsa).
RILETTURE CONTEMPORANEE DEL VANGELO
Il vangelo di questa domenica ci propone il secondo annuncio della passione di Gesù.
Non andrà molto meglio del primo (che abbiamo visto la settimana scorsa).
Questo epilogo è l’apice di tutto il capitolo VI di Giovanni, che la liturgia domenicale ci ha proposto in questo tempo estivo. La Parola ci ha condotto, in un cammino a spirale, sempre più in profondità: dalla folla, che appare all’inizio, prima affascinata e poi delusa da Gesù, ai Giudei che discutono con lui nella sinagoga di Cafarnao, ai discepoli, ai dodici, fino a Pietro, che rappresenta ciascuno di noi, da soli, con il Signore Gesù, mentre ci domanda un’adesione personale, sempre fragile e inferma, ma definitiva, a lui, nella sua verità sconvolgente… Bisogna rileggere come scritto per noi, per la nostra chiesa, per la nostra comunità o famiglia, nel nostro percorso di adesso… questo discorso di Gesù, iniziato dopo la strepitosa moltiplicazione dei cinque pani e due pesciolini, quando aveva già perso per strada tanta gente, che non capiva il rifiuto di divenire un re politico. Quanti dispersi lungo il cammino al suo seguito, per l’esperienza tragica quanto imprevista, che lui, solidale nel nostro cammino, non risolve i nostri problemi umani, ci lascia nel dolore e nell’impotenza a dominarlo! E ci “propone”, invece, un tale “globale stravolgimento di senso”, rispetto alle attese umane della fame e sete di vita, da scandalizzare l’uditorio – e anche noi, se non avessimo banalizzato e anestetizzato ormai la capacità di ascolto – di fronte ad affermazioni di un linguaggio volutamente duro e repellente e insieme di una concretezza e chiarezza incontrovertibili, mai sentite in bocca a nessuno al mondo!”… Io sono il pane disceso dal cielo. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno…. questo pane non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno. I discepoli stessi vanno in crisi. Sono proprio quelli che erano andati per le strade dei paesi lì intorno, ad annunciare nel suo nome che il Regno di Dio era in arrivo. Sono quelli che avevano da lui imparato ad annunciare la pace … a guarire i malati e a perdonare, a scacciare ogni demone oppressore, rischiando di essere respinti dalla gente. Ed erano poi stati riaccolti da lui, dopo la missione, e consolati! Adesso l’incredulità e la “mormorazione” s’insinuano nel loro cuore, insidiano la loro fede – la mormorazione che nella Bibbia mina dall’interno ogni impresa “divina” sull’uomo, dal paradiso terrestre alla liberazione dall’Egitto, e adesso contagia anche gli “impresari” più coinvolti e più convinti della sua azione, come del resto era entrata nel cuore di Mosè e di Elia, e della processione infinita di profeti e di credenti che hanno speso la vita per seguire il Signore. Adesso è presente fin dentro il gruppo degli apostoli scelti personalmente da lui stesso… E Gesù ne è cosciente, … e ci riporta tutti sulla soglia della conversione radicale, dove l’esperienza dura della diversità tra noi e lui, è così abissale, ma la sua insistenza talmente intensa, che rimane una soluzione sola: rinunciare per sempre ad ogni via di fuga… E lasciare che la carne (la nostra cosa più nostra!) pianga il destino tragico segnato su di lei dal Signore: “non giova a nulla”!
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro:
… “i nostri padri hanno fatto una fatica immensa per arrivare a un minimo grado di civile convivenza umana e religiosa. E adesso arriva Gesù, il figlio del falegname, a farci questi discorsi assurdi!!” – avranno detto questi rabbini!
In queste domeniche di agosto, prendo una piccola pausa dall’impegno settimanale del commento al vangelo della domenica.
Per non lasciare sguarnite queste settimane, pubblicherò i commenti di p. Giuliano Bettati, mio maestro nella lettura del vangelo e nella vita.