Il vangelo di questa domenica narra l’episodio di Gesù che calma la tempesta.
Si tratta di un “miracolo” piuttosto conosciuto, che tuttavia merita di essere approfondito perché se ne comprenda fino in fondo il significato.
RILETTURE CONTEMPORANEE DEL VANGELO
Il vangelo di questa domenica narra l’episodio di Gesù che calma la tempesta.
Si tratta di un “miracolo” piuttosto conosciuto, che tuttavia merita di essere approfondito perché se ne comprenda fino in fondo il significato.
Settimana scorsa abbiamo lasciato Gesù che se ne andava da Nazareth, sottraendosi alla folla inferocita che voleva gettarlo in un precipizio.
Oggi lo ritroviamo «presso il lago di Genèsaret».
Il vangelo di questa quarta domenica di quaresima è tratto dal vangelo di Giovanni e in particolare dal famoso discorso tra Gesù e Nicodemo che si snoda nel capitolo 3.
Il testo è stato scelto per questo periodo di preparazione alla Pasqua perché contiene dei chiari riferimenti alla morte di Gesù («bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo»).
Queste notizie anticipate sulla fine non sono dovute – è sempre bene ricordarlo – al fatto che gli evangelisti fossero degli indovini che conoscevano “in anticipo” le cose prima che accadessero, ma al fatto che i vangeli sono stati scritti dopo che la vita di Gesù si era conclusa (e non durante).
È alla luce di quello che hanno visto (di tutta la parabola della vita di Gesù) che – a distanza di qualche decennio – hanno voluto scrivere la loro testimonianza di fede.
E a distanza il dato di fatto che non potevano non rilevare era che ciò che a loro (evangelisti, discepoli, credenti) sembrava la cosa più bella che potesse capitare all’umanità (la rivelazione fattaci da Gesù sull’identità solo buona di Dio), da molti era stata rifiutata o ignorata («la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce»).
Questo è il punto.
Gli uomini amano più le tenebre.