«Se mi amate, osserverete i miei comandamenti».
Questa frase sintetizza la relazione tra l’umano e il divino, secondo Gesù.
Essa però ha bisogno di essere tolta dal fraintendimento in cui il linguaggio rischia di lasciarla.
Se infatti una persona delle nuove generazioni la leggesse, così, in maniera decontestualizzata, potrebbe anche intenderla male: quasi fosse un ricatto affettivo, che suonerebbe “Se mi ami, devi fare come dico io”.
E ovviamente, una simile storpiatura di questa proposizione porterebbe (giustamente) a scartarla senza pensarci due volte: ricorda infatti troppo da vicino quelle relazioni di sudditanza che sovente si sono date nella nostra storia (spesso anche nei rapporti coniugali).
In realtà questa frase si potrebbe parafrasare così: “Se ti fidi di me, fidati delle mie parole”.
La scena che mi viene in mente (e mi scuso in anticipo per il parallelismo disneyano) è quella in cui, nel cartone animato, Aladdin deve convincere Jasmine a fuggire saltando sul suo tappeto volante. Tendendole la mano, le dice: “Ti fidi di me?”.
Ecco, «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti» appartiene a questa sfera semantico-esperienziale, non a quella delle violenze domestiche o dei rapporti servo-padrone.
In quel “Se mi amate”, infatti, non bisogna vedere il vago sentimento di affetto che anche noi, a volte, associamo al nostro pensare a Dio.
In quel “Se mi amate”, sta una storia, la storia di un rapporto, durato anni, all’interno del quale si sono costruiti quei legami che il vivere insieme a qualcun/a altro/a instaura.
È come se Gesù dicesse: ne abbiamo passate tante insieme, ci siamo voluti bene, ora io me ne sto per andare… ciò che c’è stato svanirà nel niente o qualcosa di quell’amore resterà?
Se resta, cioè se non era tutto una finta quel volerci bene, ma è stata davvero vita vissuta, carne condivisa, pianti, risate, abbracci… cioè se davvero ci siamo amati, conserva, custodisci quel pezzo di storia, quel pezzo di vita.
La parola greca che noi traduciamo con “osservare i comandamenti”, vuol infatti dire anche “conservare”, “custodire”.
Gesù non sta dicendo: ora me ne vado, ma badate bene, quando non ci sarò più, di continuare a obbedire a ciò che vi ho dettato, altrimenti guai! Anzi vi mando un controllore, che vi farà da guardia.
Gesù sta dicendo: ora me ne vado, ma ciò che c’è stato tra noi non è perso, conservalo nella memoria, custodiscilo perché ha dentro il senso del tuo essere. Ci sei dentro tu, in quella storia, e ci sono dentro io. E quando ti ritroverai smarrito, perché non potrai parlarmi, abbracciarmi, fare una passeggiata con me, ricordati che non sei solo/a. Vi mando uno che vi aiuterà a conservare, custodire quel pezzo di storia, quel pezzo di vita, quel pezzo di verità.
Questo è lo Spirito.
Colui/Colei che nel nostro vivere senza la presenza fisica di Gesù, tiene viva la sorgente del nostro amore, della nostra storia condivisa, del nostro aver fondato su quell’amore, su quella storia, la nostra persona.