Il vangelo di questa domenica, l’ultima prima di Natale, ci avvicina decisamente all’evento che stiamo aspettando: la memoria della nascita di Gesù. Ci viene infatti raccontato il momento dell’annunciazione a Maria.
Il testo è tratto dal vangelo di Luca, che insieme a quello di Matteo, è l’unico che parla di Gesù bambino.
I testi dell’infanzia, come sappiamo, non sono cronache dei fatti, ma racconti teologici: essi cioè puntano a fondare nelle origini (dalla nascita e addirittura prima della nascita) l’eccezionalità del personaggio (Gesù) protagonista dei vangeli.
Leggendo questo brano è perciò importante chiedersi non tanto cosa sia accaduto realmente e come sia possibile che certi passaggi siano verosimili, ma cosa hanno voluto dirci di Gesù gli evangelisti, e in questo caso, cosa abbia voluto dirci l’evangelista Luca.
La prima cosa che salta agli occhi è che nella vita di Gesù è all’opera un attore particolare: Dio.
Questo è evidente fin dall’inizio: non è l’angelo Gabriele ad andare da Maria, ma egli «fu mandato» (verbo passivo) «da Dio». L’iniziativa è sua.
Ed è di Lui che l’angelo parla, della sua iniziativa: Maria è chiamata da Gabriele «piena di grazia», cioè “amata gratuitamente”. Da chi? Da Dio, ovviamente: riecco dunque spuntare la sua iniziativa. Il tutto ribadito anche in seguito: «hai trovato grazia presso Dio».
Queste espressioni stanno a indicare che l’origine dell’esperienza storica di Gesù non è da cercare nelle vicende umane e nemmeno in quelle angeliche: la nascita di Gesù è iniziativa di Dio.
Il protagonista dell’intero libro del vangelo di Luca viene dunque immediatamente accreditato come “proveniente da Dio”.
Eppure… la storia che viene costruita intorno all’origine storica di Gesù non mostra unicamente l’iniziativa di Dio: viene infatti subito introdotta anche la commistione con gli uomini, anzi, con le donne. L’origine storica di Gesù non è esclusivamente divina, ma inclusivamente umana. Nella storia narrata da Luca, per fondare l’origine storica di Gesù, Dio – tramite il suo messaggero – chiama in causa una donna: Maria.
Questo – se non fossimo troppo abituati a sentire il racconto – dovrebbe farci sussultare.
Se, infatti, l’unica intenzione dell’evangelista Luca fosse stata quella di fondare l’origine storica di Gesù in un’iniziativa divina, avrebbe potuto raccontarci di una “spedizione” diretta del Figlio: cioè avrebbe potuto raccontarci una storia in cui Gesù veniva mandato direttamente sulla terra, senza passare per Maria.
Invece no… perché?
Perché l’evangelista Luca aveva il problema opposto al nostro (e se non ne teniamo conto, rischiamo di fraintendere quello che ha voluto trasmetterci). Noi, infatti, guardiamo alla nascita di Gesù dando per scontato (senza forse capire fino in fondo cosa significhi) che Gesù è Figlio di Dio e infatti ci stupiamo del “passaggio attraverso Maria”; i primi cristiani, invece, davano per scontato che Gesù fosse un uomo (perché davanti agli occhi avevano avuto sempre e solo un uomo in carne ed ossa), tant’è che l’accusa che veniva loro mossa (che poi era la stessa che era stata mossa a Gesù durante il processo) è che ritenessero Dio un uomo. Ecco perché per loro era così importante fondare divinamente l’origine storica di Gesù.
Il punto di vista di Luca è dunque quello di testimoniare che colui che – agli occhi – appariva solo come un uomo, in verità veniva da Dio.
Eppure – quell’uomo che veniva da Dio – era davvero “passato per Maria”. Questo era un dato di realtà che Luca – in tutto il suo sforzo di accreditare divinamente l’origine di Gesù – non poteva negare: tutti sapevano che Gesù era il figlio di Maria e del falegname. Tutti sapevano che era un nazareno (mentre il messia doveva essere un betlemmita della stirpe di Davide).
Ecco allora che i dati di realtà vengono plasmati (non negati) in modo che “stiano dentro” (collimino) con le antiche profezie messianiche. I primi cristiani sono così convinti che Gesù sia il messia, che gli cuciono addosso un’identità originaria funzionale alla sua identificazione con il messia atteso.
Di tutta questa opera di cucitura a noi rimane: la loro convinzione che Gesù venisse da Dio e la loro fedeltà ai dati di realtà che mostrano il passaggio attraverso il grembo di una donna, in un luogo geografico preciso: Nazaret.
Qual è il nostro compito? Non sbagliare il punto prospettico da cui guardare.
Se leggeremo il vangelo partendo dalla convinzione che Gesù è Figlio di Dio, continueremo a trovare “strana” (estrinseca) la sua umanità. Se invece – come i primi cristiani – leggeremo il vangelo partendo dall’evidenza che Gesù era un uomo, potremo finalmente convertire la nostra idea di Dio, che è lo scopo dei vangeli (e prima ancora di Gesù stesso).
Detto con uno slogan: il vangelo non è il percorso dall’ideale al reale, ma dal reale all’ideale.