Durante la seconda domenica di quaresima si legge il brano della trasfigurazione.
Dal punto di vista letterario, si tratta di uno dei passi del Nuovo Testamento che meglio riesce a “farci vedere” la scena. Non per niente è uno degli episodi più riprodotti nell’arte. Leggendo il testo, sembra infatti di assistere ad una rappresentazione.
Il tutto è racchiuso da due azioni di Gesù.
All’inizio è sua l’iniziativa: «Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte».
E alla fine è lui che chiude: «Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo».
La trasfigurazione dunque inizia e finisce con Gesù: sono le sue scelte e le sue parole che racchiudono l’evento.
Ciò che accade all’interno di questa cornice lascia però il posto all’iniziativa altrui. Nella trasfigurazione in qualche modo non è più Gesù il “soggetto attivo”, quanto piuttosto l’agire e il parlare di altri personaggi.
Innanzitutto è importante sottolineare che Gesù non si trasfigurò, ma «fu trasfigurato» (da Dio).
Inoltre questo cambiamento non aveva come destinatario Gesù stesso (cioè, non è che Dio vuol mostrare a Gesù la sua capacità di trasfigurarlo), ma i discepoli: «fu trasfigurato davanti a loro».
La situazione potrebbe essere descritta così: non c’è Dio da una parte e Gesù e i discepoli dall’altra. Non c’è un agire di Dio i cui spettatori sono Gesù e i discepoli. C’è piuttosto una complicità tra Dio e Gesù (quest’ultimo che crea l’occasione per la trasfigurazione e il primo che la attua), volta a rivelare qualcosa ai discepoli. Essi sono i destinatari dell’agire congiunto di Gesù e del Padre.
L’evento che essi mettono in atto per i discepoli è descritto nei versetti 3-4: «fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui».
I destinatari di questa visione, sentendosi interpellati da ciò che si svolge in loro presenza, provano a dire qualcosa attraverso Pietro che, balbettando, si fa portavoce di tutti e tre: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia».
Pietro viene però interrotto: ha parlato troppo presto, l’evento cui dovevano assistere non era ancora finito, anzi, non era ancora arrivato al momento culminante. Infatti mentre «stava ancora parlando,
una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”».
Vengono “adombrati” da una nube luminosa, così come Maria in Lc 1,35 era stata adombrata dalla potenza dell’Altissimo: lei aveva così concepito suo figlio, loro ascoltano la parola di Dio su questo Figlio. È l’amato, colui nel quale Egli ha posto il suo compiacimento. Va ascoltato.
Stavolta la reazione dei discepoli è muta: non provano più nemmeno a balbettare parole sgangherate dette al momento sbagliato. Tacciono: «All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore».
È a questo punto che l’iniziativa torna nelle mani di Gesù che scioglie la tensione: «Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo».
Il testo è come se ci avesse fatto salire un monte (proprio come loro sono saliti sul Tabor): la scelta di Gesù di prendere Pietro, Giacomo e Giovanni in disparte, poi la trasfigurazione, poi Mosè e Elia… Sono un continuo salire di tensione.
Poi arriva un falso piano: il tentativo dei discepoli di frenare questa escalation («Se vuoi, farò qui tre capanne»), ma la salita non è finita, anzi, c’è l’impennata finale, che ci porta al culmine: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo».
Questo è il vertice dell’episodio: la conferma di Gesù come Figlio, cioè come colui che conosce davvero chi è il Padre, chi è Dio e che per questo va ascoltato quando parla di Lui.
Questo è la trasfigurazione: il grido accorato di Dio perché ascoltiamo Gesù.
Con questo urlo nel cuore, possiamo anche noi scendere, come Pietro, Giacomo e Giovanni, tenuti per mano da Gesù, che acquieta il nostro frastornamento.