Il vangelo di domenica è il primo – dopo Pasqua – in cui compare Gesù risorto.
La scorsa settimana, infatti, avevamo il testo in cui le discepole e i discepoli ritrovano il sepolcro aperto e vuoto.
Erano segni deboli della risurrezione, tanto che – in prima battuta – non erano stati interpretati come segni della risurrezione: anzi, le ipotesi circa la sparizione del corpo di Gesù si erano indirizzate verso il timore del furto del cadavere.
Rasserena la nostra fede, invece, ascoltare, oggi, che la convinzione che Gesù sia risorto ha delle fondamenta più solide: non si è trattato solo del ritrovamento del sepolcro aperto e vuoto, ma dell’incontro con il risorto stesso.
Tutti i vangeli (anche se quello di Marco solo con un’aggiunta successiva) riportano queste esperienze di apparizioni.
La domanda da porsi, tuttavia, è se – effettivamente – si tratti di segni forti.
Prima di rispondere, facciamo qualche considerazione:
1 – La domanda che tutte e tutti ci poniamo è “Ma lo hanno visto veramente?”.
L’interrogativo – oltre che da un atavico scetticismo / terrore che ognuno/a di noi conserva nel cuore – nasce dal fatto che i racconti delle apparizioni paiono avere una narrazione teologica più che storica: cioè, sembrano voler veicolare una rivelazione su Dio, sull’essere umano e sulla fede, più che raccontarci il “come sono andate le cose”.
Per esempio il vangelo di oggi, vuole mostrarci che il crocifisso è il risorto e che il risorto è il crocifisso. Non si tratta di un gioco di parole, ma del fatto che i segni della crocifissione (il segno dei chiodi, il fianco trafitto) visibili in Gesù risorto lasciano intendere che Egli sia sempre lo stesso. Il volto di lui (e tramite lui, il volto di Dio) che abbiamo visto durante la sua vita terrena è il medesimo anche ora che è risorto. Non è che prima era buono e ora – dato che è stato rifiutato e ucciso – cambia registro e si vendica… è sempre lo stesso di prima («Pace a voi»).
Il racconto di Emmaus, ci mostrerà la via per accedere a Lui anche dopo il suo ritorno presso Dio (attraverso l’ascolto della parola, l’accoglienza dello straniero, lo spezzare del pane).
E così via…
Si tratta, quindi, di racconti scritti a posteriori per rendere ragione della propria fede, non del racconto in presa diretta dei fatti.
Ecco, dunque, la domanda: “Ma lo hanno visto veramente?”.
2 – Anche ammesso che la ricostruzione teologica si basi su incontri reali tra Gesù e i suoi discepoli e le sue discepole, questo basta a fondare la nostra fede nella risurrezione? Le parole di persone vissute più di 2000 anni fa, la maggior parte delle quali analfabete, vissute in un contesto fondato su riferimenti culturali assai diversi dai nostri, possono essere poste alla base della nostra speranza nella vita dopo la morte?
3 – Anche ammesso che Gesù sia risorto veramente, perché crediamo che anche noi risorgeremo? Quali sono i passaggi del Nuovo Testamento che alimentano questa nostra speranza?
Non ho posto queste considerazioni per mettervi in crisi (anche perché se siete persone che vivono la vita cristiana da tanto tempo, vi siete già confrontate con queste questioni e – se credete alla risurrezione – le avete risolte), ma per riflettere sull’idea che le apparizioni del risorto siano segni forti.
Alla luce di quello che abbiamo detto, tanto forti non sembrano. Persone non credenti troverebbero piuttosto deboli un sepolcro aperto e vuoto (tra l’altro interpretato inizialmente come segnale del furto del cadavere dai discepoli e dalle discepole stesse/i) e alcuni racconti teologici di apparizioni.
Che fossero segni deboli lo sapevano anche i primi cristiani e le prime cristiane, tanto che l’origine di questi testi non è dimostrare alcunché, ma raccontare come a partire da quei segni deboli la loro è diventata una fede forte.
Non a caso, l’evangelista Giovanni mette in bocca a Gesù una frase emblematica: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
La questione andrebbe, dunque, ribaltata: questi testi non vogliono essere il segno forte per la nostra fede debole, ma voglio mostrare l’itinerario per chi ha solo segni deboli («non hanno visto»), per avere una fede forte («hanno creduto»)… il medesimo che anche i primi / le prime hanno dovuto percorrere.
1 commento
Grazie: profonda e vitale l’esegesi che ci hai donato questa domenica.