II Domenica del tempo ordinario (commento)

In questo primo passo nel tempo ordinario – dopo la narrazione dell’episodio del battesimo al Giordano della settimana scorsa – la liturgia ci presenta un brano tratto dall’evangelista Giovanni.

Il testo è molto noto, si tratta della trasformazione dell’acqua in vino alle nozze di Cana.

Tuttavia, il fatto che l’evento sia molto famoso non deve farci correre il rischio di darlo per scontato.

Ci sono, infatti, alcuni elementi che meritano di essere messi in evidenza.

Innanzitutto, siamo nel Quarto Vangelo: nell’approcciarlo non si può non tenere conto della sua differente impostazione rispetto ai sinottici.

Mentre questi ultimi organizzano il materiale che hanno a disposizione strutturando una prima fase del ministero di Gesù in Galilea e poi una seconda fase in Giudea, fino all’epilogo a Gerusalemme, Giovanni fa “andare e venire” Gesù dalla Galilea alla Giudea (e in particolare a Gerusalemme) cinque volte, di cui l’ultima gli sarà fatale.

L’episodio delle nozze di Cana (che è in Galilea, cioè nel nord della Palestina) è uno dei racconti iniziali e si colloca tra due scene altrettanto note, ambientate però in Giudea.

Il vangelo di Giovanni, infatti, dopo il suo incipit poetico (che abbiamo letto due settimane fa: «In principio era il Verbo…»), inizia la narrazione in prosa raccontando la cosiddetta “settimana inaugurale”, cioè una serie di eventi che si svolgono nell’arco di sette giorni e che hanno lo scopo di presentare Gesù.

I primi giorni di questa settimana inaugurale sono ambientati in Giudea e presentano la testimonianza del Battista («E confessò, e non negò, e confessò: “Io non sono il Cristo”»), l’indicazione di Gesù come agnello di Dio («Ecco colui che toglie il peccato del mondo»), l’incontro con i primi seguaci – che erano discepoli di Giovanni – («Che cercate?») e il diffondersi della voce «Abbiamo trovato il messia», con la conseguente sequela di nuove persone, e in particolare di Simon Pietro.

A questo punto – sempre durante la settimana inaugurale – Gesù decide di partire per la Galilea (cfr. Gv 1,43), raccogliendo altri discepoli, in particolare Filippo e Natanaele.

Sono ormai trascorsi 4 giorni, segnati nel testo dalla scansione «Il giorno dopo…» (cfr. Gv 1,29.35.43).

Il capitolo 2 si apre con una nuova indicazione temporale («Tre giorni dopo», quindi siamo nel settimo giorno, di genesiaca memoria) e geografica: siamo in Galilea, a Cana.

L’episodio del vangelo di questa domenica è, quindi, il culmine della settimana inaugurale.

Con esso, infatti, terminerà la parte introduttiva del vangelo di Giovanni, per lasciare spazio alla prima salita a Gerusalemme in occasione della Pasqua (Gv 2,13), dove scaccerà i mercanti dal tempio.

Concentriamoci, dunque, sul banchetto di nozze a Cana.

Come sappiamo, l’immagine del banchetto di nozze evoca il rapporto di alleanza tra Dio e il suo popolo. Al racconto dei fatti va, quindi, sovrapposto anche il significato simbolico di quanto è narrato. Si parla di un banchetto reale, ma si evoca la relazione tra Dio e Israele.

Ebbene, questo banchetto è rimasto senza vino, cioè senza festa. Si è intristito e l’unica cosa che è rimasta da bere è l’acqua. Ma non un’acqua qualsiasi: l’acqua per la purificazione. Un’acqua rituale.

Il testo pare evocare l’isterilimento del rapporto con Dio, ormai ridotto a vuota ritualità, senza che “dentro” ci sia più la festa, la gioia di incontrarsi, il piacere di stare insieme: proprio come una festa senza vino.

La trasformazione dell’acqua per la purificazione in vino, da parte di Gesù, non è, quindi, tanto un miracolo sulla natura (una magia che trasforma una sostanza in un’altra), ma il segno di chi lui sia e di cosa sia venuto a fare: ri-riempire di senso, risignificare, rivitalizzare la relazione con Dio.

L’avvio di un nuovo rapporto, di una nuova storia, di una nuova epoca in cui alle infeconde impalcature del rito si sostituisca il fascino del rivelarsi, la gioia della scoperta di un Dio che ci ama (e basta!), il piacere dello scrivere insieme l’esistenza che apre alla vitalità della costruzione di un mondo migliore.

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