Questa settimana inizia un nuovo anno liturgico, che – come sempre – viene inaugurato dal tempo di avvento. Il vangelo che seguiremo quest’anno è quello di Marco, il primo a essere stato scritto. Il più breve e diretto.
L’occasione della prima domenica di avvento e – dunque – il tempo particolare in cui ci collochiamo e il significato di questo periodo di attesa e preparazione al Natale, fanno sì che non si parta dall’inizio, ma – praticamente – dalla fine.
Il brano di vangelo di questa domenica è, infatti, tratto dal capitolo tredicesimo, nell’ambito del cosiddetto “discorso escatologico” (= discorso sugli ultimi tempi).
Gesù è già a Gerusalemme e di lì a poco sarà arrestato (il racconto della passione inizia al capitolo quattordici).
In qualche modo, quindi, Gesù sta parlando della sua dipartita. Fuor di metafora, è lui l’uomo che «è partito dopo aver lasciato la propria casa e dato il potere ai suoi servi, a ciascuno il suo compito, e ha ordinato al portiere di vegliare».
Questa espressione indica una realtà molto importante: Gesù se ne andrà e la responsabilità di vivere il suo vangelo è affidata ai suoi / alle sue.
Questa responsabilità è fatta di “potere”, di un “compito” e dell’invito a “vegliare”.
Queste tre componenti che il testo elenca per dare corpo alla responsabilità affidataci vanno interpretate correttamente, cioè alla luce dell’annuncio complessivo di Gesù.
La parola “potere” – che per tanti motivi ha assunto una caratterizzazione negativa – va intesa come la possibilità di agire. L’assenza di Gesù non va, dunque, vissuta con rassegnata inattività. Al contrario, c’è molto da fare perché la logica del vangelo sia conosciuta e vissuta. Noi abbiamo il “potere”, la possibilità, di far sì che questo avvenga.
Il “compito” – a ciascuno il suo – va nella medesima direzione. Ognuno/a a suo modo, con le sue peculiarità e capacità, ha il compito di rendere presente il regno di Dio, di provare a costruire un mondo migliore, un mondo dove il tasso d’amore si alzi.
L’invito a “vegliare” è un suggerimento che vuol renderci consapevoli che l’assenza di Gesù non è definitiva.
Ciò non va inteso nel senso che Gesù tornerà a fare i conti con noi e, quindi, è meglio farsi trovare sull’attenti… Questa visione fa fare proprio una brutta figura a Gesù, che viene pensato come una specie di tiranno che non aspetta altro che cogliere in fallo i suoi sottoposti / le sue sottoposte. Ma questo non è Gesù… niente del vangelo fa pensare che lui sia così.
Piuttosto il suggerimento di vegliare, perché Gesù tornerà, deve essere visto come la fiduciosa speranza che ciò che riusciremo a mettere in pratica del vangelo, quel pezzettino di regno di Dio che riusciremo a costruire, potremo condividerlo con lui. Potremo gioirne insieme.
L’avvento che comincia può essere l’occasione per ripartire – ancora una volta – con questo progetto di vita.