La Domenica di Pasqua si celebra la risurrezione di Gesù.
Il tratto più caratteristico di questo evento, così straordinario da apparire incredibile, è la sua discrezione.
Spesso ci festeggia la Pasqua con toni trionfalistici, spesso la si “usa” per indicare la “rivincita” di Gesù sulla morte e su tutti quelli che nella sua crocifissione avevano visto (o voluto) la sua sconfitta. Anche a noi, forse, in qualche discussione, è scappato detto: “Va beh, è morto, però poi è risorto”, come a dire… il “nostro” alla fine ha vinto.
I testi evangelici però non hanno questi toni.
Tutto avviene in maniera riservata: nessuno ha assistito alla risurrezione di Gesù (i vangeli infatti – come il testo di oggi – narrano il ritrovamento del sepolcro vuoto e poi gli incontri dei suoi discepoli con un Gesù già risorto), coloro che lo incontrano risorto poi sono solo le persone a lui vicine, Maria di Màgdala, per prima, poi gli apostoli, alcuni discepoli, ma nessun altro.
Gesù non è andato a “farsi vedere” da Pilato, da Caifa, dai sacerdoti del sinedrio, dalle guardie del tempio, dai soldati romani, dai farisei.
Non è andato a prendersi nessuna “rivincita”.
Non ha “sbattuto in faccia” a nessuno la sua vittoria sulla morte.
E siccome chi è veramente una persona lo si capisce da quello che fa, ma anche da quello che non fa, mi pare interessante scoprire chi Gesù sia stato nella sua risurrezione, guardando a cosa ha fatto e a cosa non ha fatto.
Ciò che non ha fatto sembra suggerire che siano errate tutte quelle concezioni che pensano in termini vendicativi la sua risurrezione: Gesù risorto non si è vendicato, non ha saldato i conti, non ha rinfacciato niente a nessuno, né a chi lo aveva condannato, né a chi lo aveva ucciso, né a chi lo aveva abbandonato, né a chi non lo aveva più capito.
È nelle prossime settimane che vedremo invece quello che Gesù ha fatto, chi ha incontrato, cosa ha detto, ma già in questo primo testo proposto dalla liturgia per Pasqua possiamo scorgere un’indicazione: Gesù non si è fatto vedere mentre risorgeva e non si è nemmeno subito fatto trovare.
La prima cosa che ha fatto è stato far trovare un sepolcro vuoto a chi era andato a cercarlo.
Mi pare di poter dire dunque che il tratto fondamentale della risurrezione di Gesù sia stato, appunto, la discrezione.
E credo che il suo atteggiamento ci suggerisca di approcciarci a questo evento in punta di piedi, in silenzio (o per lo meno a bassa voce), nel chiaroscuro delle prime luci dell’alba e non con lo sbandieramento e lo strombettamento da stadio che invece ogni tanto caratterizza la celebrazione di questa festa.
La risurrezione non è qualcosa che rifulge di luce, ma è una penombra in cui addentrarsi.
Non è un’istantanea, ma un percorso.