Domenica di Pasqua (commento)

Il vangelo della domenica di Pasqua ci presenta i primi momenti di quella che poi diventerà – nei discepoli e nelle discepole – la consapevolezza della risurrezione di Gesù.

In questa prima fase ancora non è chiaro ai suoi e alle sue cosa sia avvenuto.

Sulla scena compare Maria di Màgdala che – recatasi al sepolcro di mattino – vede che la tomba è aperta: «La pietra era stata tolta dal sepolcro».

La sua reazione è quella di correre da Simon Pietro e dal discepolo che Gesù amava per dirgli: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!».

Ciò che – dunque – in un primo momento viene annunciato è il fatto che il corpo di Gesù non sia più nel sepolcro. L’ipotesi che si fa strada è che qualcuno lo abbia rubato.

Maria e le altre donne – che probabilmente erano con lei dato che usa il plurale («Non sappiamo dove l’hanno posto») – non pensano alla risurrezione (è fuori dal panorama delle ipotesi formulabili), ma – appunto – immaginano il furto del cadavere: un’ennesima umiliazione per quel Gesù che tanto amavano e che avevano visto straziato sulla croce.

I due discepoli interpellati corrono allora verso il sepolcro. Il primo ad arrivare è il discepolo amato che – tuttavia – non entra da solo, ma aspetta l’arrivo di Pietro. Vede però che vi erano i teli.

Nel frattempo sopraggiunge anche Pietro che entra nel sepolcro. Anch’egli osserva i teli, ma – in più – nota che il sudario è avvolto in un luogo a parte.

A quel punto anche l’altro discepolo entra e di lui si dice che «vide e credette».

La domanda è: cosa vede?

E soprattutto: a cosa crede?

Al primo interrogativo – stando al testo – possiamo rispondere che ciò che vede è ciò che ha appena osservato Pietro: «I teli posati là, e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte».

Possiamo – dunque – concludere che a questo punto della vicenda è chiaro – a loro (e a noi che leggiamo) – che il corpo morto di Gesù è sparito e che teli e sudario sono rimasti nel sepolcro vuoto.

È questo pertanto ciò a cui crede: alle parole di Maria (e delle donne) che avevano annunciato la scomparsa del cadavere di Gesù.

Forse fino a quel momento aveva sperato in un fraintendimento, una suggestione, un’esagerazione.

Invece è proprio vero che il corpo di Gesù non è più lì.

Non si tratta – dunque – per il momento della fede nella risurrezione, tanto che nel versetto conclusivo la voce narrante dice: «Non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti».

Questo è interessante perché il fatto che la descrizione della presa di coscienza della risurrezione sia narrata in questo modo (cioè per gradi, non come un’evidenza immediata) mi pare molto significativo: accedere alla fede nella risurrezione è un percorso, non un attimo.

E questo è vero anche per noi che viviamo molto tempo dopo quegli eventi.

A volte – soprattutto nei momenti in cui si vuole affermare la propria appartenenza ecclesiale – la convinzione circa la risurrezione di Gesù viene affermata con perentorietà, ma il vangelo ci insegna che si tratta di un evento molto complesso che ha richiesto già allora un’elaborazione lunga.

Forse allora anche noi abbiamo bisogno di darci tempo (e guarda caso avremo tutto il tempo di Pasqua) per tornare a ripercorrere la storia della loro (e della nostra) assunzione di consapevolezza circa la risurrezione.

Il primo passo che il vangelo odierno ci suggerisce è quello di avere il medesimo atteggiamento delle discepole e dei discepoli: andare, osservare, constatare, lasciar emergere domande, riflettere.

Abbandonare la logica dell’immediatezza e accedere a quella della processualità, del darsi tempo.

Leggi anche

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *