Domenica è l’ultima domenica dell’anno liturgico (anno C), che abbiamo trascorso, a partire dall’avvento scorso, al seguito del vangelo di Luca. Come da tradizione in questa occasione si celebra la festa di Cristo re dell’universo.
Il titolo “re dell’universo” è molto altisonante, eppure la liturgia ci propone come testo per la riflessione un vangelo in cui vediamo Gesù appeso alla croce.
In effetti è lì, sotto al cartello messo dai Romani “INRI” (Gesù Nazareno Re dei Giudei), che Gesù viene denominato re.
Si tratta di una presa in giro, una denigrazione, ma per i cristiani dentro a quello scherno si rivela (inconsapevolmente per chi l’aveva scritto) una verità sull’identità di Gesù: voi lo deridete, ridicolizzandolo e chiamando burlescamente un crocifisso col nome di re (“Ecco il vostro re”), ma senza rendervene conto state affermando la vera identità di quell’uomo (davvero egli è re dell’universo).
Il contrasto è proprio questo: un uomo con la pretesa di essere portatore del Regno di Dio appeso ad una croce.
Non bisogna però troppo frettolosamente risolvere questo contrasto, biasimando i Romani (o gli Ebrei che avevano portato a quella condanna) e assumendo l’atteggiamento di chi la sa più lunga. Quello scandalo dobbiamo viverlo anche noi: pena la non piena comprensione del significato della vita (e della morte di Gesù).
Certe domande dobbiamo porcele anche noi, non dobbiamo – per paura delle risposte o, peggio, per la paura di non sapere cosa rispondere – lasciarle da parte: perché Gesù non è stato riconosciuto? Perché, nonostante la sua proposta di vita (o forse proprio a motivo della sua proposta di vita) è stato ucciso? Perché non ha manifestato la sua regalità vincendo i suoi persecutori?
Sono tutte domande in qualche modo già contenute nel vangelo.
Sono le domande che si sono posti gli apostoli, i discepoli, la gente…
Sono domande che peraltro potremmo attualizzare: perché oggi la proposta di Gesù non è riconosciuta? Non è assunta come matrice per scrivere le nostre vite? Perché è considerato “passato” e non presente? Perché non manifesta la sua regalità vincendo i cattivi?
Provando a rispondere a queste domande può darsi che ne nascano altre, può darsi che l’idea di regalità muti, strada facendo, e può darsi che la nostra fede faccia qualche passo in più verso una maturazione, per arrivare davvero (come dovrebbe essere alla fine della lettura di un vangelo o alla fine di un anno liturgico) a dire chi è Gesù.
Letture:
Dal secondo libro di Samuèle (2Sam 5,1-3)
In quei giorni, vennero tutte le tribù d’Israele da Davide a Ebron, e gli dissero: «Ecco noi siamo tue ossa e tua carne. Già prima, quando regnava Saul su di noi, tu conducevi e riconducevi Israele. Il Signore ti ha detto: “Tu pascerai il mio popolo Israele, tu sarai capo d’Israele”». Vennero dunque tutti gli anziani d’Israele dal re a Ebron, il re Davide concluse con loro un’alleanza a Ebron davanti al Signore ed essi unsero Davide re d’Israele.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Colossési (Col 1,12-20)
Fratelli, ringraziate con gioia il Padre che vi ha resi capaci di partecipare alla sorte dei santi nella luce. È lui che ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel regno del Figlio del suo amore, per mezzo del quale abbiamo la redenzione, il perdono dei peccati. Egli è immagine del Dio invisibile, primogenito di tutta la creazione, perché in lui furono create tutte le cose nei cieli e sulla terra, quelle visibili e quelle invisibili: Troni, Dominazioni, Principati e Potenze. Tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui. Egli è prima di tutte le cose e tutte in lui sussistono. Egli è anche il capo del corpo, della Chiesa. Egli è principio, primogenito di quelli che risorgono dai morti, perché sia lui ad avere il primato su tutte le cose. È piaciuto infatti a Dio che abiti in lui tutta la pienezza e che per mezzo di lui e in vista di lui siano riconciliate tutte le cose, avendo pacificato con il sangue della sua croce sia le cose che stanno sulla terra, sia quelle che stanno nei cieli.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,35-43)
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto». Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei». Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».