Corpus Domini (commento)

Nonostante da ormai due settimane sia ricominciato il tempo ordinario, non riusciamo a tornare alla lettura “ordinaria” della vita di Gesù, perché anche questa domenica la liturgia ci propone un appuntamento “extra-ordinario”, la celebrazione del corpus Domini.

La festa è molto antica, è stata istituita nel 1247 in Belgio ed estesa in tutta la chiesa nel 1264. Lo scopo era quello di rinvigorire la fede dei cristiani nella presenza reale di Cristo nell’eucaristia.

A dir la verità, il corpo di Cristo fa riferimento ad almeno tre realtà: il pane che diventa corpo nella celebrazione della messa, la Chiesa (che è corpo di Cristo) e il corpo in carne e ossa di Gesù di Nazareth.

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Corpus Domini (letture)

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 14,12-16.22-26)

Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i discepoli dissero a Gesù: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pasqua?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la cena per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Mentre mangiavano, prese il pane e recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi.

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Trinità (commento)

Questa domenica, terminato il tempo di Pasqua che ci ha accompagnato per una cinquantina di giorni, ricomincia il tempo ordinario.

È un periodo del calendario liturgico che ci accompagnerà fino al prossimo Avvento e che è dedicato all’approfondimento della vita di Gesù – al di là dei cosiddetti “tempi forti” legati alla sua nascita e alla sua passione, morte e risurrezione.

Come di consueto, però, la prima domenica del tempo ordinario dopo Pentecoste è dedicata alla Trinità.

Il termine non è evangelico e anche la teologia che gli si è sviluppata intorno è ascrivibile alla riflessione dei secoli successivi all’evento Gesù.

La Trinità rimanda, tuttavia, a una realtà che i testi evangelici lasciano intravvedere.

Per esempio, nel brano di vangelo scelto per questa domenica, l’invito finale di Gesù è quello di andare e fare discepoli, battezzando – cioè immergendo le persone – «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo».

Al di là delle disquisizioni teoriche, che spesso più che chiarire rischiano di confondere, ciò che emerge con evidenza è la “non monoliticità” del Dio rivelato da Gesù: un solo Dio – dice il dogma – ma in tre persone. Potremmo dire “una unità plurale”, “relazionale”, “dialogante”, la quale non si esaurisce ad intra ma “fuoriesce”, si rivela, si propone, coinvolge, contagia…

Dio non è monolitico, ma plurale.

E, in più, la sua pluralità non è un circuito chiuso, ma rivolto ad extra, a noi.

L’umanità è l’interlocutrice che Dio interpella.

L’iniziativa è sua: è Lui che per primo ci ha rivolto la parola.

A noi la scelta se ritenere degno di interesse questo rapporto che ci è proposto.

Su quali basi valutare?

Innanzitutto, per giudicare se si tratta di una “proposta interessante”, bisogna ascoltarla.

Ascoltarla vuol dire prendere in mano questa parola, che oggi si presenta a noi nella forma attestata della Bibbia, cioè in un testo che va letto, ma anche interpretato (magari facendosi aiutare da chi – di mestiere – studia proprio quel testo).

Solo dopo averne colto il senso e, dunque, solo dopo aver colto il contenuto della proposta relazionale che Dio ci rivolge, si può sbilanciarsi verso un accoglimento della proposta o un suo rifiuto.

Sapendo che non si tratta mai di scelte che si prendono una volta nella vita, perché come in ogni ateo/a abita un piccolo / una piccola credente, così in ogni credente abita un piccolo / una piccola ateo/a.

Ciò che mi pare importante è non mancare di ascoltare (leggere, studiare, approfondire, farsi domande): meglio un ateo / un’atea che si è spaccato/a la testa sul vangelo e alla fine si è sbilanciato/a verso la declinazione della proposta di Dio (magari perché non ritenuta affidabile / credibile), piuttosto che una persona credente che non conosce il Dio a cui dice di credere.

O almeno questo è il mio parere, con l’augurio che i mesi che ci aspettano da qui al prossimo Avvento siano mesi fecondi per la lettura, lo studio, l’approfondimento del testo biblico.

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Trinità (letture)

Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 28,16-20)

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».

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Pentecoste (commento)

Questa domenica si celebra la festa di Pentecoste, la ricorrenza che cade cinquanta giorni dopo Pasqua e che fa memoria del dono dello Spirito.

Come sappiamo, la scansione temporale della liturgia (Pasqua – 40 giorni – Ascensione – altri 10 giorni – Pentecoste) non è legata alla narrazione evangelica, ma a quella degli Atti degli apostoli.

I vangeli, infatti, se parlano dello Spirito lo fanno in maniera diversa da quella degli Atti:

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Pentecoste (letture)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,26-27; 16,12-15)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».

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Ascensione (commento)

La festa dell’Ascensione si rifà a quei passaggi neotestamentari che raccontano il ritorno di Gesù al Padre. Il problema cui si voleva rispondere con quelle narrazioni è quello dell’assenza “fisica” di Gesù risorto.

I racconti dell’ascensione nascono proprio per rendere conto dell’impossibilità di incontrare oggi sia il Signore vivo in carne e ossa sia il Signore risorto (in quella forma che ci è stata trasmessa dal racconto delle sue apparizioni).

Le questioni in campo sono almeno due:

È possibile comunque incontrare ancora il Signore oggi, seppur in un’altra forma?

Quale deve essere la vita dei cristiani alla luce di questa apparente assenza?

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Ascensione (letture)

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 16,15-20)

In quel tempo, [Gesù apparve agli Undici] e disse loro: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura. Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato. Questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono: nel mio nome scacceranno demòni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno». Il Signore Gesù, dopo aver parlato con loro, fu elevato in cielo e sedette alla destra di Dio. Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore agiva insieme con loro e confermava la Parola con i segni che la accompagnavano.

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VI Domenica di Pasqua (commento)

Oggi, come nelle due domeniche precedenti, la Chiesa ha scelto di farci leggere un testo tratto dal vangelo di Giovanni e – in particolare – dal vangelo di Giovanni che narra di quando Gesù è ancora in vita: il primo era al cap. 10, il buon pastore; il secondo era al cap. 15, la vite e i tralci; quello odierno è la continuazione di quest’ultimo (Gv 15,9-17).

Salta subito all’occhio infatti il richiamo al “rimanere”: come il tralcio porta molto frutto quando rimane nella vite, così Gesù invita a rimanere nel suo amore perché la nostra gioia sia piena.

Torna, quindi, la domanda della settimana scorsa: cosa vuol dire rimanere?

In particolare, oggi la domanda si specifica così: cosa vuol dire rimanere nell’amore di qualcuno/a?

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VI Domenica di Pasqua (letture)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 15,9-17)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Come il Padre ha amato me, anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri come io ho amato voi. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se fate ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri».

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