IV Domenica di quaresima (letture)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3,14-21)

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna. Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque infatti fa il male, odia la luce, e non viene alla luce perché le sue opere non vengano riprovate. Invece chi fa la verità viene verso la luce, perché appaia chiaramente che le sue opere sono state fatte in Dio».

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III Domenica di quaresima (letture)

Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2,13-25)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!». I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà». Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull’uomo. Egli infatti conosceva quello che c’è nell’uomo.

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II domenica di quaresima – commento – La trasfigurazione?

Il brano di questa domenica comincia con Gesù che «prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli».

Non è la prima volta (e non sarà l’ultima) che Gesù porta con sé questa cerchia più ristretta di apostoli e solo loro.

Lo aveva già fatto quando – chiamato dal capo della sinagoga Giàiro perché sua figlia stava male e intercettato per strada dalla notizia che la ragazza era morta – aveva comunque deciso di andare a casa sua. Non aveva però permesso «a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo» (Mc 5,37). Lì infatti aveva poi avuto luogo l’unico miracolo di risurrezione narrato dall’evangelista Marco (gli altri due presenti nel Nuovo Testamento, la risurrezione di Lazzaro e quella del figlio della vedova di Nain, sono raccontati rispettivamente nel vangelo di Giovanni e in quello di Luca).

Gesù vorrà poi con sé solo questi tre discepoli al Getsèmani, cioè nell’orto degli ulivi, dopo l’ultima cena, quando «cominciò a sentire paura e angoscia» (Mc 14,33).

Quindi, le volte che Gesù porta con sé solo questi tre discepoli è perché si ha a che vedere con la morte (già avvenuta, per la figlia di Giàiro, o prossima, per Gesù stesso).

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II Domenica di quaresima (letture)

Dal vangelo secondo Marco (Mc 9,2-10)

In quel tempo Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

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I Domenica di Quaresima – Come siamo “nudi e crudi”?

Domenica inizia la quaresima (40 giorni per prepararsi alla Pasqua) e la liturgia sceglie di inaugurarla con il testo di Marco che parla dei 40 giorni di Gesù nel deserto.

Innanzitutto vanno dette due cose:

1- Spesso questo momento della vita di Gesù è tralasciato, perché sta tra il Battesimo al Giordano e l’inizio della vita pubblica. La tendenza perciò è quella di saltare subito dal momento della scelta di iniziare una vita nuova (battesimo) all’effettivo cominciamento di quella nuova vita (l’avvio della missione di Gesù). Invece – secondo tutti i sinottici – in mezzo c’è un periodo in cui Gesù rimane nel deserto.

2- Mentre gli evangelisti Matteo e Luca delineano ciò che accade nel deserto, specificando le tentazioni cui Gesù è sottoposto, il vangelo di Marco è molto stringato e si limita a dire: «Lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano».

Questi due elementi mi portano a scegliere di porre l’attenzione sul “deserto”.

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I Domenica di Quaresima – letture

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,12-15)

In quel tempo, lo Spirito sospinse Gesù nel deserto e nel deserto rimase quaranta giorni, tentato da Satana. Stava con le bestie selvatiche e gli angeli lo servivano. Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il vangelo di Dio, e diceva: «Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo».

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VI Domenica del tempo ordinario (commento): Gesù non è una suora e nemmeno…

Il vangelo di questa domenica ci presenta l’incontro di Gesù con un lebbroso.

Io trovo che il racconto di questo incontro sia uno di quei testi che più di tutti può farci capire la personalità di Gesù, chi era veramente, come pensava, come “funzionava”.

È necessario dunque “capire bene” cosa accade in questo episodio, perché il rischio è altrimenti quello di fraintendere chi è Gesù.

Per esempio… se non capiamo bene i contorni della situazione, potremmo arrivare a conclusioni banali e superficiali, del tipo “qui si vede quanto Gesù era buono: sta vicino ai malati”… veicolando la visione di un Gesù melenso che assomiglia allo stereotipo della suora angelica, pronta a mortificare se stessa per piacere a Dio.

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VI Domenica del tempo ordinario (letture)

Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,40-45)

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato. E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro». Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

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V Domenica del tempo ordinario – commento – Se no, che cristiano sei?

Il vangelo di questa domenica è tratto dal primo capitolo di Marco, all’interno del quale l’evangelista ci presenta un quadro generale dell’attività di Gesù. Sono due i tratti caratteristici della sua vita pubblica che oggi sono messi in luce: la capacità di liberare dal male (dalle malattie) le persone e il bisogno di vivere momenti di dialogo personale con Dio, suo Padre.

Si tratta di quelle esperienze che noi comunemente chiamiamo “miracoli” e “preghiera”.

Io però, volutamente, ho evitato di usare questi termini, perché – a mio giudizio – essi si sono caricati, nel corso della storia, di così tanti significati distorti, che rischiano di essere fuorvianti.

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