Con la festa dell’Epifania, si è concluso il tempo di Natale.
Questa domenica comincia, infatti, il tempo ordinario che ci accompagnerà fino all’inizio della quaresima e riprenderà dopo il tempo di Pasqua.
Come dice l’aggettivo che lo qualifica (“ordinario”), il periodo che iniziamo questa settimana non è caratterizzato da nessuna festività particolare, ma si concentra sulla vita pubblica di Gesù prima degli eventi della passione, morte e risurrezione.
Non per niente, la liturgia ci propone l’episodio del battesimo di Gesù al Giordano che è proprio il momento in cui ha inizio la missione di Gesù.
La versione è quella di Luca, l’evangelista di questo anno liturgico.
Il brano si apre con la constatazione che «il popolo era in attesa» e questo merita la nostra attenzione: nei decenni immediatamente precedenti la nascita di Gesù, infatti, il popolo di Israele – sotto dominazione romana dal 63 a.C. – viveva con trepidazione l’avvento di un salvatore.
Molte erano le voci che annunciavano la necessità della conversione, prefiguravano tempi apocalittici e arringavano le folle. Tra questi vi era anche Giovanni che – come altri – aveva un certo seguito ed era riuscito a non farsi etichettare come “ciarlatano”, arrivando anche a disturbare il potere costituito. Tanto che verrà da esso eliminato.
Tuttavia, la caratteristica più evidente della sua predicazione (quella che lo farà passare alla storia come “il Battista”) era il fatto che essa si accompagnasse al gesto del battesimo: un rito di purificazione, svolto nelle acque del fiume Giordano, che aveva lo scopo di suggellare la scelta della conversione, di un cambiamento di vita, l’inizio di una nuova modalità di stare al mondo.
La cosa per noi più interessante è che Gesù stesso decise di compiere questo gesto e di farsi battezzare da Giovanni.
L’episodio è piuttosto insolito e deve aver creato non pochi problemi ai redattori dei vangeli: come raccontare – proprio mentre scriviamo un libro per mostrare la nostra fede in Gesù messia e per convincere altri/e ad aderirvi – che egli si è fatto battezzare da Giovanni? Come narrare una vicenda in cui colui che deve apparire come “più grande”, in realtà sembra un discepolo del Battista? Come presentare la scena di colui che vogliamo proclamare Figlio di Dio e che – invece che essere la guida di Giovanni – sembra farsi da lui guidare?
Proprio questa problematicità del testo, però, è ciò che fa propendere gli studiosi per la storicità dell’episodio: se non fosse realmente accaduto, gli evangelisti non avrebbero di certo inventato un evento del genere. Se lo narrano è perché… non potevano non narrarlo… cioè, perché era accaduto veramente.
Ci troviamo, dunque, di fronte a una vicenda che con ogni probabilità è realmente accaduta, ma che fa fatica a incastrarsi nelle nostre precomprensioni dottrinali.
Credo che sia la situazione migliore in cui trovarsi di fronte a un brano di vangelo, perché ci consente di non darlo per scontato e ci obbliga a ragionare.
Perché Gesù è andato a farsi battezzare da Giovanni?
Certo, nella narrazione che ne fanno gli evangelisti, quello diventa un momento di svolta, suggellato da Dio stesso («Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento»): da lì in avanti, Gesù – dopo il deserto – inizierà la sua predicazione, il suo peregrinare per la Galilea, il suo raccogliere una comunità…
Ma la domanda resta e non va elusa: perché Gesù è andato a farsi battezzare da Giovanni?