Questa settimana, essendo domenica il 15 agosto, la XX domenica del Tempo Ordinario è sostituita dalla Solennità dell’Assunzione della Beata Vergine Maria: una ricorrenza che ha letture proprie, diverse da quelle che il calendario ordinario avrebbe previsto.
Il dogma dell’assunta («L’immacolata Madre di Dio sempre vergine Maria, terminato il corso della vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo») è stato definito da Pio XII il I novembre 1950 con la costituzione dogmatica Munificentissimus Deus.
È l’ultimo dogma in ordine di tempo e l’unico in cui un pontefice ha fatto ricorso all’infallibilità ex cathedra (definita nel Concilio Vaticano I, nel 1870). Tra l’altro è uno dei pochi formulati in forma affermativa, mentre solitamente i dogmi erano scritti nella forma negativa (“Chi non crede che… sia anatema”) per lasciare maggior spazio di discrezionalità.
Il contesto, d’altra parte, era quello dell’estremo tentativo di difesa dell’arroccamento ecclesiale dal mondo, anche se il contenuto del pronunciamento (al di là della forma e delle modalità) proponeva una credenza secolare della comunità cristiana, quella per cui – appunto – Maria sarebbe stata assunta in paradiso in anima e corpo.
L’antropologia e la teologia sottese alla formulazione di questo credo oggi risultano problematiche, ma l’idea che in Maria si sia realizzata la promessa che Gesù ha fatto a ciascuno di noi di una vita dopo la morte resta importante (e consolante).
Il vangelo proposto dalla liturgia però non ha a che fare con questo argomento, anche perché non c’è nessun passo del Nuovo Testamento che parli dell’assunzione di Maria. Il brano proposto è perciò tratto dai vangeli dell’infanzia e narra l’episodio dell’incontro tra Maria ed Elisabetta.
È in quell’occasione che Luca colloca il Magnificat.
Di questo testo, in questa occasione, mi pare interessante focalizzare l’incipit: «L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto per me l’Onnipotente».
Si tratta di parole che dipingono uno scenario luminoso, entusiasmante, che dilata l’interiorità: i verbi usati sono magnificare, esultare, essere chiamata beata… Si parla di grandi cose fatte, di essere guardati…
Se la solennità dell’Assunzione ci ricorda che ciò che si è realizzato in Maria è promesso anche a noi, vuol dire che anche questa esperienza che lei fa del Signore è possibile anche per noi. Certo non si può far esultare l’anima a comando e ci sono periodi della vita in cui tutto giace desolato, ma l’esperienza di sapersi guardati e di riconoscere le grandi cose fatte per noi, possono farci sentire chiamati beati da tutte le generazioni, beati perché amati.
E a questa nostra condizione originaria (di beati perché amati) possiamo provare ad accedere anche nei momenti più duri, per ritrovare la nostra identità smarrita.