Ascensione (commento) – Figli e figlie di serie B di un Dio dissennato?

Questa domenica la Chiesa celebra l’ascensione, cioè la memoria del tempo in cui Gesù torna presso Dio.

Dal punto di vista dei suoi discepoli e delle sue discepole, si tratta del momento in cui prendere congedo dalla Sua presenza.

Gesù, da allora in poi, non è più “fruibile” nel modo in cui lo era stato in precedenza.

Questa “partenza” significa vivere un’assenza, ritrovarsi soli, sole.

È indubbiamente una svolta nel modo di relazionarsi a Lui.

Per noi, che siamo nati e nate dopo questi eventi, non è qua,cosa di nuovo: è la situazione da cui da sempre siamo collocati, collocate.

Da sempre noi ci chiediamo: Come si può avere una relazione con qualcuno/a che non è presente nei modi con cui siamo abituati, abituate a vivere la presenza di qualcuno, di qualcuna?

Certo, Gesù ha promesso un nuovo modo di esserci di Dio nel mondo, attraverso il suo Spirito, ma la festa di oggi ci invita a soffermarci su cosa significhi l’assenza più che questa nuova presenza “in Spirito”.

E questa assenza è carica di nostalgia, mancanza, frustrazione: Come sarebbe stato poter incontrare Gesù? Parlarci, passare del tempo con lui nella maniera in cui è stato presente quella trentina d’anni in Palestina?

I vangeli si sono interrogati su questo aspetto, su questa condizione dei cristiani e delle cristiane della seconda generazione.

In particolare il vangelo di Giovanni e quello di Luca hanno preso sul serio questo interrogativo, comunicandoci la risposta che le prime comunità hanno elaborato: chi viene dopo può accedere all’esperienza di Gesù attraverso una testimonianza scritta, un’attestazione, di ciò che Gesù è stato.

Secondo il vangelo di Luca si può accedere a Gesù attraverso le Sacre Scritture, lo spezzare del pane e l’accoglienza dell’estraneo (episodio dei vangeli di Emmaus).

Secondo il vangelo di Giovanni, addirittura, rispetto a coloro che hanno vissuto direttamente con Gesù, sono in una situazione più favorevole coloro che hanno avuto accesso a Lui tramite la testimonianza evangelica («Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!»).

Perché?

Perché da dentro agli eventi, a volte, è più difficile vedere e capire quello che sta succedendo.

Mentre invece, una volta si è creata una distanza temporale dagli eventi e si è sedimentato il loro senso, chi incontra la testimonianza di quella “sedimentazione” ha in mano il precipitato di quella storia, ne ha in mano il senso, appunto.

Il Gesù che abbiamo conosciuto noi, attraverso ciò che di Lui ci è stato testimoniato, è pertanto il senso profondo del suo aver attraversato la nostra storia.

È quella la via d’accesso a Lui che ci è consegnata.

Certo, molte domande (che a volte prendono anche la forma della rivendicazione) ci saltano in mente… su tutte, la paura che quelli/quelle si siano sbagliati/e, che ci abbiano trasmesso solo ciò che a loro è sembrato importante, dunque che siano stati/e parziali nella loro testimonianza.

La paura è un po’ quella di essere figli/figlie di serie B, col rischio di essere un po’ “fregati/e” da chi ha potuto vivere qualcosa che noi non abbiamo potuto vivere.

Ma la paura si vince solo con la fiducia.

E motivi per ritenere credibili queste testimonianze ci sono: su tutti, il fatto che da ciò che ci hanno trasmesso non appare mai un’autocelebrazione, anzi… Nei loro racconti, questi/e testimoni fanno spesso una bruttissima figura…

Mi pare un chiaro segno della buona fede con cui ci hanno narrato gli eventi.

L’ascensione, che potrebbe quindi essere l’occasione di una recriminazione vittimistica da parte nostra, diventa l’occasione per una scelta sul credito da dare ai nostri padri e alle nostre madri nella fede.

È sulla loro fede, in effetti, che noi crediamo.

E se questo ci sembra poco o troppo poco, bisognerebbe chiederci che cosa di ciò che noi crediamo, non si basi sulla fede in qualcun altro/a che ce lo ha testimoniato.

Infine… un’ultima annotazione…

L’ascensione è anche la festa che fa memoria del ritrarsi di Gesù, per lasciare spazio a noi.

Come Dio, dopo la creazione, si è ritratto per lasciare la storia nelle mani degli umani, così Gesù, dopo la rivelazione, è tornato presso Dio, perché fossimo noi gli/le artefici della nostra esistenza.

Scelta coraggiosa o dissennata?

Siamo figli/e di un Dio coraggioso o dissennato?

Sicuramente di un Dio che ha deciso di fidarsi di noi.

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