Il vangelo di questa domenica mostra uno dei “tranelli” che Gesù usava per far arrivare messaggi, anche molto duri, all’establishment religioso dell’epoca.
Il dialogo infatti avviene con i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo, ai quali Gesù pone una sorta di indovinello: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?».
La questione posta è dunque la seguente: chi dei due figli fa la volontà del padre (che era che essi andassero a lavorare nella vigna)?
È a questo punto che scatta il tranello: essi, infatti, «risposero: “Il primo”».
Ma “il primo” – fuor di metafora – secondo Gesù corrisponde ai pubblicani e alle prostitute, mentre loro – capi dei sacerdoti e anziani del popolo – sono rappresentati dal “secondo figlio”: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli».
Il parallelo che Gesù pone è: primo figlio – pubblicani e prostitute; secondo figlio – capi dei sacerdoti e anziani del popolo.
Ma proprio questi ultimi avevano appena risposto che era il primo figlio a fare la volontà del padre, la volontà di Dio.
Il discrimine tra capi dei sacerdoti/anziani del popolo, da una parte, e pubblicani/prostitute, dall’altra, è aver creduto a Giovanni, che era venuto «sulla via della giustizia».
Quello che nel tranello di Gesù era rappresentato dall’espressione «lavorare nella vigna» corrisponde dunque alla «via della giustizia» del Battista e al «regno di Dio», nel quale pubblicani e prostitute passano avanti ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo.
Nel linguaggio biblico infatti “lavorare nella vigna”, “regno di Dio” e “via della giustizia” sono tutte espressioni che si riferiscono alla stessa realtà: vivere nel mondo con una logica diversa da quella istintuale (egoistica), come esplicita anche san Paolo, nella seconda lettura: «Ciascuno non cerchi l’interesse proprio, ma anche quello degli altri».
Pubblicani e prostitute dunque – secondo Gesù – sono stati (e sono) capaci, più dell’establishment religioso, di aprirsi alla novità preparata da Giovanni e realizzata da Gesù.
Sappiamo tutti che nel corso della lunga storia della Chiesa, la novità di Gesù (la nuova mentalità che ha introdotto) è stata spesso “normalizzata”, disinnescata e ricondotta all’interno del recinto istituzionale. Come cantava De Andrè: «Il potere che cercava il nostro umore, mentre uccideva nel nome d’un dio, nel nome d’un dio uccideva un uomo [Gesù]: nel nome di quel dio si assolse. Poi chiamò dio quell’uomo e nel suo nome altri uomini uccise» [Laudate Hominem].
All’esito di questa storia, noi, che siamo venuti 2000 anni dopo, non ci troviamo in una situazione così differente da quella della Palestina di Gesù. E il “tranello” che Egli ha posto ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo oggi è rivolto a noi, cristiani del III millennio.
L’unico modo di uscirne è rimettersi, fianco a fianco con i pubblicani e le prostitute di oggi, a farci stupire e sconvolgere dal messaggio di Gesù, per convertire la nostra mentalità e dedicarci alla costruzione del regno.