Le parole di Gesù con cui si apre il vangelo di domenica («Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me») sembrano scritte per noi, anche se hanno quasi 2000 anni.
Forse siamo noi stavolta che, colpiti dal male, ne misuriamo il valore, confortati dal sentirci dire «Non sia turbato il vostro cuore», che è un po’ come tornare a quando la mamma ti racchiudeva nel suo abbraccio e ti diceva “Non preoccuparti, ci sono qua io”.
Anche Gesù – a modo suo – dice “ci sono qui io”: «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me».
Non bisogna fraintendere: come la mamma, Gesù non sta dicendo che “magicamente” eliminerà la causa della nostra paura, del nostro dolore, del nostro annichilimento, come non ha eliminato le cause della paura, del dolore e dell’annichilimento di tutte le generazioni umane che hanno dovuto confrontarsi col male e a cui le medesime parole erano rivolte, come a noi.
Dio non interviene in questo modo nella storia, avendo scelto originariamente, radicalmente e definitivamente di consegnarle la libertà.
Quel «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me» è piuttosto l’invito ad aver fiducia in Lui; non tanto e non solo nella sua esistenza, ma in quel suo modo di essere (“per noi”) che Gesù ha fatto vedere vivendo («Chi ha visto me, ha visto il Padre»), anche quando il male morde tutte le nostre convinzioni e fa urlare al nostro io interiore tutta la sua rabbia, la sua frustrazione, il suo sconforto, la sua voglia di buttarsi via e di mandare a quel paese tutto e tutti, in primis proprio il Signore.
Dentro a quell’abisso interiore la sua parola è «Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me», parole che prova a dirci mentre apre le braccia per tenerci e sussurrarci: “Ci sono qua io”.
Ma anche dentro a quell’abbraccio le eco di chi non c’è più torna e strazia…
«Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore».
Gesù sembra anticipare le nostre obiezioni (“Lo so che il male più devastante è la morte di chi amate”) e pone questa parola fondamentale sul loro/nostro destino: chi muore, è a casa, è apposto, «Non sia turbato il vostro cuore».
E, infine, ci consegna una via, lui stesso, con una rivelazione potente «chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste»: chi si rifugia nel suo abbraccio e sente nel profondo, come detto a se stesso, “Tranquillo, ci sono qua io”, può a sua volta farsi abbraccio per consolare, rassicurare e fare compagnia a tutti i doloranti che trova sulla sua strada.