Il brano di vangelo di oggi è diviso in due parti: nella prima Gesù racconta una parabola, in cui un tu immaginario partecipa ad una festa di nozze. Il consiglio che Egli dà è di non mettersi al primo posto, per evitare – se c’è qualcun altro più degno – di finire all’ultimo posto e fare una brutta figura, ma piuttosto di mettersi all’ultimo posto, così colui che ha fatto gli inviti ti faccia sedere più avanti e fare bella figura. Potremmo dire che questa prima parte parla dell’umiltà, come suggerisce anche il commento finale di Gesù: «Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
La seconda parte invece potremmo intitolarla “La gratuità” perché è un’esortazione – rivolta al padrone di casa – a non invitare al banchetto coloro che possono restituire il favore, ma piuttosto «poveri, storpi, zoppi, ciechi». In questo modo – gli dice Gesù – «sarai beato perché non hanno da ricambiarti».
Al di là di una facile ironia, per cui spesso – in effetti – quando inviti chi poi a sua volta ti re-invita, una situazione di gioia (il ritrovare le persone care a fare festa intorno ad una tavola imbandita) diventa un supplizio, è necessario fare un piccolo sforzo per andare al di là dell’ovvio.
Dico questo perché di umiltà e di gratuità i cattolici parlano sempre. Sono due delle parole che hanno sempre in bocca: non le uniche, ma di certo tra le più gettonate.
Il punto è capire cosa vogliano dire e, soprattutto, se questo così tanto riempirsi la bocca di umiltà e gratuità corrisponda poi ad un’attualizzazione della proposta evangelica di Gesù.
Provo a spiegarmi…
A volte ho la sensazione che i cattolici, sapendo che per Gesù l’umiltà e la gratuità sono cose importanti, fanno gli umili e i gratuiti, ma non perché lo siano, ma solo per far contento Dio… (che di per sé non sarebbe poi così male, visto che – come diceva un mio amico prete – “Se aspetti di essere buono per fare cose buone, non farai mai nulla, ma se ti metti a fare cose buone, può essere che poi magari diventi buono davvero”)… Solo che spesso ho anche un’altra sensazione… che facciano queste cose non per far contento Dio perché si fidano di lui e perciò – pur non essendo veramente umili e non credendo nella gratuità – provano lo stesso a vivere come lui consiglia, ma
che facciano queste cose perché hanno paura di Dio, perché non vogliono scontentarlo, perché temono che poi lui se la prenda…
Insomma, ho la sensazione che i cattolici (non tutti eh!!!) spesso non capiscano e non condividano la proposta di Gesù di essere umili e gratuiti e pertanto – quando si sentono costretti ad esserlo – risultino falsi e pure un po’ fastidiosi…
Non vi è mai capitato per esempio di avere a che fare con quelle persone che – conoscendo la parabola raccontata nel vangelo di oggi – si mettono all’ultimo posto, ma non perché si sentono persone da ultimo posto, ma perché sanno (o almeno sperano) di essere invitati ad andare più avanti e fare bella figura? I finti umili! Quelli che mettono in atto una strategia di finta umiltà per – in realtà – apparire…
O i finti gratuiti: quelli che non si compromettono con i poveretti, quelli che non rischiano mai del loro (nemmeno rischiano di sporcarsi i vestiti) e se danno qualcosa è più per mettere a posto la loro coscienza che per coinvolgersi davvero nelle storie degli altri. Figuriamoci invitarli a mangiare a casa loro!
Per vincere questi cortocircuiti del cattolicesimo nostrano, serve forse provare a ritornare al significato vero di queste parole: “umiltà” – “gratuità”. Così almeno, una volta comprese nel loro significato profondo, ognuno potrà poi sentirsi libero di fidarsi di Gesù e provare a viverle (e così ritrovarsi come dice lui “beati” – non nel senso di santi, ma di felici: «e sarai beato») oppure non fidarsi di Gesù e fidarsi della parola di qualcun altro (tanto di gente che parla di egocentrismo e di interesse personale ce n’è finché si vuole).
Allora…
Umile = dal latino humilis, basso, che sta sotto, al suolo, a terra. Ha infatti la stessa radice di humus, quel terriccio di cui ci parlavano alle elementari. Umile è dunque colui che si ricorda che è fatto di terra, di quella stessa terra di cui è fatto tutto il resto del mondo e in particolare tutti gli altri esseri humani come lui. L’umile è colui che sta sotto, ma non sotto agli altri, bensì sotto al cielo (perché è fatto di terra), sotto a Dio potremmo dire (se così dicendo non corressimo il rischio di riproporre una visione errata di dio, del dio potente che vuole sottomettere). L’umile non è chi si umilia – scusate il gioco di parole – ma è chi si fraternizza, cioè si riconosce fatto tale e quale agli altri esseri umani (qualsiasi sia il colore della sua pelle, la sua religione, la sua fedina penale, la sua condotta morale…). L’umile è colui che si riconosce nell’altro e riconosce l’altro in sé. Bisognerebbe chiedersi più spesso chi saremmo, dove saremmo, cosa faremmo se avessimo vissuto nelle condizioni degli altri.
Non a caso nel testo evangelico originario non c’è la parola “umile” che c’è nella traduzione italiana. Il testo greco suona più o meno così: «Chiunque innalza se stesso sarà abbassato e chi abbassa se stesso sarà innalzato». Il punto è dove ti collochi tra cielo e terra, tra Dio e uomini, il punto è come ti pensi.
Ciò che Gesù chiede non è di sotterrarsi (come certi cattolici fanno…), ma di collocarsi nel posto giusto: non sei Dio, sei un uomo. Come me. Come tutti.
Con termini più moderni potremmo dire che Gesù ci chiede di avere una corretta consapevolezza di noi stessi.
Gratuità = dal latino gratuitus, che a sua volta viene da gratia; significa dato senza pagamento, cioè gratis. È inevitabile che ci siano degli scambi tra le persone, ma – consiglia Gesù – bisogna anche fare esperienza del gratis, sia in entrata che in uscita. Anzi, non solo bisogna farne esperienza, ma bisogna tenerlo come uno degli elementi costitutivi dell’essere uomo (e non bestia). L’uomo è l’unico essere vivente capace di vincere le leggi della necessità, cioè dell’automatismo, della reazione obbligata data dall’istinto. L’uomo è libero, può fare cose fuori dagli schemi, può inventarsi reazioni impreviste, può rispondere con un sorriso quando ci aspetteremmo uno schiaffone, può agire senza tornaconto, gratis e bearsi.
E questo lo rende più umano, più umile, più fatto di terra, più terrestre, più simpatizzante per gli altri terrestri.
Letture:
Dal libro del Siràcide (Sir 3,19-21.30-31)
Figlio, compi le tue opere con mitezza, e sarai amato più di un uomo generoso. Quanto più sei grande, tanto più fatti umile, e troverai grazia davanti al Signore. Molti sono gli uomini orgogliosi e superbi, ma ai miti Dio rivela i suoi segreti. Perché grande è la potenza del Signore, e dagli umili egli è glorificato. Per la misera condizione del superbo non c’è rimedio, perché in lui è radicata la pianta del male. Il cuore sapiente medita le parabole, un orecchio attento è quanto desidera il saggio.
Dalla lettera agli Ebrei (Eb 12,18-19.22-24)
Fratelli, non vi siete avvicinati a qualcosa di tangibile né a un fuoco ardente né a oscurità, tenebra e tempesta, né a squillo di tromba e a suono di parole, mentre quelli che lo udivano scongiuravano Dio di non rivolgere più a loro la parola. Voi invece vi siete accostati al monte Sion, alla città del Dio vivente, alla Gerusalemme celeste e a migliaia di angeli, all’adunanza festosa e all’assemblea dei primogeniti i cui nomi sono scritti nei cieli, al Dio giudice di tutti e agli spiriti dei giusti resi perfetti, a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14,1.7-14)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo. Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».