Pare che originariamente il vangelo di Giovanni si concludesse con il brano che leggiamo questa domenica. In seguito si sentì la necessità di aggiungere un ultimo capitolo, il ventunesimo, che propone un nuovo incontro con Gesù risorto, quello in cui avviene il famoso dialogo con Pietro del «Mi ami più di costoro?».
Il testo di oggi è infatti denominato “la prima finale del vangelo di Giovanni”. In esso è indicato lo scopo del vangelo: «Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome».
Giovanni scrive dopo tutti gli altri, è il quarto vangelo, e nella sua ultima frase richiamava l’incipit del primo: «Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio» (Mc 1,1).
In qualche modo è come se si chiudesse la lunga parabola che ogni discepolo deve fare per conoscere Gesù. I vangeli, con Marco, cominciano definendo Gesù “Cristo, Figlio di Dio”. Due titoli dati a Gesù che però inizialmente sono come delle etichette ancora prive di significato. Certo, fanno riferimento al senso che gli ebrei davano alla parola Cristo, che in ebraico è messia e che fa riferimento all’unzione, alla scelta di una persona incaricata di una missione particolare e importante (unti erano per esempio i re, come Saul, Davide e Salomone) e all’idea di Figlio di Dio, ma è come se gli evangelisti volessero riscrivere il senso di quei nomi (Cristo, Figlio di Dio) a partire dalla storia di Gesù.
Semplificando: non è che sapendo cosa voglia dire Cristo e cosa voglia dire Figlio di Dio, attribuiscono questi titoli a Gesù, così spiegano chi egli sia. Ma, a partire dalla storia di Gesù, vogliono far capire cosa voglia dire essere Cristo, Figlio di Dio. È come se Gesù, con la sua vita,
riscrivesse il senso di queste parole, soprattutto a partire dal fatto che con la sua vita ha riscritto il volto di Dio e dunque inevitabilmente anche l’identità del suo messia, di suo Figlio, e, in lui, di tutti noi. Marco infatti mette questi titoli all’inizio, ma poi, per riempirli di significato, racconta la storia di Gesù, riprendendo le medesime denominazioni a metà della narrazione («Tu sei il Cristo», Mc 8,29) e alla fine («Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!», Mc 15,39). Come a dire che solo percorrendo tutta la vita di Gesù puoi giungere alla comprensione di cosa voglia dire che è stato riconosciuto come il messia, il Figlio di Dio.
Giovanni, quasi a riprendere questa metodologia narrativa di Marco, chiude il suo vangelo riprendendo gli stessi titoli. Lo scopo dei vangeli, pare dire Giovanni, è mostrare chi è Gesù, dunque che messia e il figlio di quale Dio sia (stato).
Il quarto evangelista, come in qualche modo anche tutti gli altri, aveva in più il problema di far fare questo percorso di conoscenza a persone che non avevano conosciuto Gesù, cioè a quei credenti che «non hanno visto», come noi, eredi di una tradizione di fede (cioè di un tramandarsi la fede) che – man mano che passa il tempo – si allontana sempre più dall’evento storico di Gesù di Nazareth.
Ebbene, la pretesa di Giovanni (e di tutti gli evangelisti) è che chi viene dopo non è svantaggiato rispetto a chi era presente: «Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!» non va inteso come “Molto più bravi, molto più meritori quelli che pur non avendo visto, hanno creduto”, ma piuttosto come “Fortunati/felici quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Perché? Perché rispetto a chi era là, hanno la mediazione del testo evangelico. Cioè possono fruire dell’attestazione della fede di chi era là. Quando succedono le cose e noi vi siamo immersi è più difficile comprendere il senso complessivo. Certo abbiamo più particolari, abbiamo le emozioni sollecitate… Ma, come capita anche nella nostra vita di tutti i giorni, quando si è troppo vicini (troppo dentro) non si vede bene. È sempre necessario fare un passo indietro e guardare le cose da una giusta distanza. Se appiccico la faccia a una fotografia, non la vedo bene; se la distanzio un po’ posso apprezzarne tutta la bellezza.
Ecco i vangeli fanno questo per noi. Sono la testimonianza fatta testo di un percorso di fede. Una testimonianza tra l’altro non in presa diretta, ma che ha già guadagnato un certo distacco temporale (e anche spaziale) dagli eventi. E li narra con la strategia di far fare al lettore un percorso di accesso alla fede.
Ecco perché è stato così grave nella storia della chiesa aver sottratto ai fedeli la lettura dei vangeli, che per secoli era riservata solo ai chierici, che poi fornivano al popolo solo “frasette” da imparare a memoria su chi è Dio, ecc…
Il grande vantaggio delle ultime generazioni cristiane è la possibilità di ri-accedere ai testi, grazie soprattutto al Concilio Vaticano II e ai diversi studi che ci permettono di entrare nella narrazione. Per questo è indispensabile tornare a “spaccarsi la testa” su di essi.
Letture:
Dagli Atti degli Apostoli (At 5,12-16)
Molti segni e prodigi avvenivano fra il popolo per opera degli apostoli. Tutti erano soliti stare insieme nel portico di Salomone; nessuno degli altri osava associarsi a loro, ma il popolo li esaltava. Sempre più, però, venivano aggiunti credenti al Signore, una moltitudine di uomini e di donne, tanto che portavano gli ammalati persino nelle piazze, ponendoli su lettucci e barelle, perché, quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro. Anche la folla delle città vicine a Gerusalemme accorreva, portando malati e persone tormentate da spiriti impuri, e tutti venivano guariti.
Dal libro dell’Apocalisse di san Giovanni apostolo (Ap 1,9-11.12-13.17-19)
Io, Giovanni, vostro fratello e compagno nella tribolazione, nel regno e nella perseveranza in Gesù, mi trovavo nell’isola chiamata Patmos a causa della parola di Dio e della testimonianza di Gesù. Fui preso dallo Spirito nel giorno del Signore e udii dietro di me una voce potente, come di tromba, che diceva: «Quello che vedi, scrivilo in un libro e mandalo alle sette Chiese». Mi voltai per vedere la voce che parlava con me, e appena voltato vidi sette candelabri d’oro e, in mezzo ai candelabri, uno simile a un Figlio d’uomo, con un abito lungo fino ai piedi e cinto al petto con una fascia d’oro. Appena lo vidi, caddi ai suoi piedi come morto. Ma egli, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’Ultimo, e il Vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi. Scrivi dunque le cose che hai visto, quelle presenti e quelle che devono accadere in seguito.
Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-31)
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.