In questa terza domenica del tempo ordinario, la liturgia ci propone l’inizio della vita pubblica di Gesù secondo l’evangelista Luca.
Gli eventi riguardano, infatti, il rientro di Gesù in Galilea dopo il battesimo al Giordano e le tentazioni nel deserto.
Il brano è, tuttavia, anticipato dal prologo del terzo vangelo, i primi 4 versetti del testo, in cui Luca introduce la sua opera.
In questa prima sezione, l’evangelista ci informa circa le sue intenzioni: scrivere un resoconto ordinato degli avvenimenti accaduti, dopo aver fatto ricerche accurate e aver attinto alle testimonianze di coloro che erano presenti.
Il destinatario dell’opera è Teòfilo, che più che a un personaggio reale, fa probabilmente riferimento a chiunque si ritenga “amico di Dio”, questo, infatti, è il significato del nome “Teòfilo”.
Lo scopo è quello di fare prendere coscienza della solidità degli insegnamenti ricevuti.
Potremmo, dunque, dire che Luca si rivolge a ogni persona che voglia vivere una relazione di amicizia con Dio, alla quale l’evangelista ritiene di poter fornire una solida base per conoscerne in profondità l’identità. Gli avvenimenti a cui si riferisce sono, evidentemente, quelli che hanno a che fare con la vita di Gesù di Nazareth.
Il vangelo di questa domenica si sofferma poi, come anticipato, sull’attività di Gesù dopo l’avvio della sua missione in Giudea (predicazione del Battista, battesimo al Giordano, tentazioni nel deserto).
Gesù è tornato in Galilea e la prima cosa di cui Luca ci informa è che insegnava nelle sinagoghe, riscuotendo ammirazione: «In quel tempo, Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode».
Il suo non è un annuncio “stanziale”, ma itinerante e questo suo spostarsi da un posto all’altro lo conduce a Nazareth, dove era cresciuto.
In particolare, si dice che «secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere».
Da questo punto di vista, Gesù si mostra in continuità con il suo contesto: come ogni ebreo adulto, di sabato, va in sinagoga e legge la Scrittura.
Il rotolo che gli viene dato è del profeta Isaia. Dopo averlo aperto, trova il passo in cui è scritto: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore».
La citazione è, effettivamente, tratta dal libro del profeta Isaia, al capitolo 61, versetto 1-2, anche se la versione riportata nel vangelo di Luca non coincide del tutto con quella del profeta, che suona così: «Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a promulgare l’anno di grazia del Signore, il giorno di vendetta del nostro Dio».
Le differenze sono essenzialmente due: nella versione di Luca, mancano due stichi. Ma, il primo («a fasciare le piaghe dei cuori spezzati») in alcuni manoscritti è presente, mentre il secondo – quello più dissonante rispetto al resto («il giorno di vendetta del nostro Dio») – dà proprio l’impressione che Gesù (o l’evangelista che lo narra) si sia voluto fermare di proposito.
Questo indica già in che direzione andrà la rivelazione di Dio che si dipanerà attraverso l’esperienza storica di Gesù: non il Dio della vendetta, non il Dio della paura, ma il Dio della misericordia, il Dio della fiducia.
La cosa più interessante di tutto il brano, tuttavia, è la sua conclusione: il fatto, cioè, che Gesù commenti quanto ha letto, dicendo: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
È come se Gesù stesse dicendo che l’io narrante di Isaia («Lo spirito del Signore Dio è su di me, perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri…») coincide con la sua persona.
È lui il messia (= consacrato con l’unzione, eletto), investito dallo spirito del Signore che è stato mandato a portare il vangelo (= il lieto annuncio).
Anche se il brano letto in chiesa non prosegue oltre, noi sappiamo che i compaesani di Gesù non la prenderanno tanto bene… A fronte della stima raccontata finora, Gesù subirà il primo rifiuto.
Ciò su cui, allora, a mio parere vale la pena di soffermarci è la nostra reazione di fronte questa auto-presentazione di Gesù: ci affascina, ci stupisce, ci insospettisce?