IV Domenica di Avvento (commento)

Ed eccoci giunti all’ultima domenica di avvento.

Il vangelo ci presenta la figura di Maria che – ricevuto l’annuncio dall’angelo – «si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda», a casa di Zaccaria ed Elisabetta.

Zaccaria ed Elisabetta non sono due personaggi nuovi per il lettore del vangelo di Luca che li ha già incontrati proprio all’inizio della narrazione, quando ancora né Gesù, né Maria erano stati citati: «Al tempo di Erode, re della Giudea, vi era un sacerdote di nome Zaccaria, della classe di Abia, che aveva in moglie una discendente di Aronne, di nome Elisabetta. Ambedue erano giusti davanti a Dio e osservavano irreprensibili tutte le leggi e le prescrizioni del Signore. Essi non avevano figli, perché Elisabetta era sterile e tutti e due erano avanti negli anni» (Lc 1,5-7).

Questa presentazione di Zaccaria ed Elisabetta – posta proprio all’inizio del vangelo, subito dopo il prologo – prepara il racconto dell’annuncio che anch’essi – nella persona di Zaccaria – ricevono dall’angelo: «Non temere, Zaccaria, la tua preghiera è stata esaudita e tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, e tu lo chiamerai Giovanni».

Il vangelo dell’infanzia di Luca è, infatti, costruito istituendo un parallelismo tra Giovanni e Gesù. Questo è già visibile nel modo in cui è organizzato il testo: viene narrata l’annunciazione a Zaccaria e, subito dopo, quella a Maria; vi è poi il punto di congiunzione (la visita di Maria a Elisabetta); e, infine, il parallelismo tra le due nascite, prima quella di Giovanni e poi quella di Gesù.

Il brano che abbiamo tra le mani in questa domenica è, dunque, il punto mediano di questo parallelismo.

È nota la differenza tra gli eventi riguardanti Giovanni (annuncio al padre, nel Tempio – incredulità di Zaccaria e conseguente mutismo – nascita del bambino fra parenti e vicini) e gli eventi riguardanti Gesù (annuncio alla madre, nella quotidianità – fede di Maria – nascita del bambino lontano da casa) e molto è già stato detto a riguardo. Le differenze fra le due storie riecheggerebbero la differenza tra i due bambini, la loro idea di Dio e il loro annuncio per l’umano.

Ciò che, tuttavia, oggi interessa maggiormente è l’episodio centrale di questo parallelismo: il momento in cui le due madri si incontrano.

La prima cosa che ci si potrebbe chiedere è perché Maria sia andata da Elisabetta.

Prima di rispondere, però, è importante ricordare che questo testo appartiene al vangelo dell’infanzia di Luca, cioè a una composizione teologica postuma, non cronachistica e coeva: l’evangelista scrive a posteriori – dopo la morte e risurrezione di Gesù – con l’intento non di presentare cosa ha fatto Maria dopo l’annunciazione, ma di introdurre la figura di Gesù stesso e il percorso che – chi vuole diventare suo discepolo / sua discepola – può intraprendere.

Ebbene, innanzitutto, il testo ci dice qualcosa sul personaggio principale del vangelo: sebbene sia ancora nella pancia di sua madre – quando arriva lui, le persone che lo incontrano sono come immerse nello spirito di Dio e riescono a vedere, dentro agli avvenimenti che capitano, un significato più profondo («Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo»). Luca, infatti, tramite Elisabetta ci dice che quel bambino è il Signore («A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?») che – quando arriva – suscita vitalità, energia, gioia: «Appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo».

Luca, quindi, sta tratteggiando in nuce gli aspetti centrali della storia di Gesù: è accompagnato dallo spirito di Dio ed è il Signore che salva con il suo lieto annuncio su chi è Dio e chi è l’umano, suscitando grande gioia.

In secondo luogo, come anticipato, Luca vuole rispondere alla domanda: Come deve porsi chi vuole diventare suo discepolo / sua discepola?

Può seguire la medesima dinamica di Maria, «colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto», non in maniera a-cefalica, ma ponendo domande («Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?»), raccogliendo indizi di veridicità delle risposte («Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile») e andando a farne esperienza di persona: «Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda».

Ecco, dunque, perché Maria è andata da Elisabetta: per vedere se l’annuncio dell’angelo fosse credibile!

L’evangelista Luca – che ha lo scopo di indicare il percorso da seguire a coloro che, dopo la morte e risurrezione di Gesù, vogliono diventare suoi discepoli e sue discepole – utilizza, allora, la figura di Maria per mostrare i passi da intraprendere: ascoltare l’annuncio, interrogare e interrogarsi su di esso, sperimentare in prima persona.

Oggi potremmo parafrasarlo così: ascoltare, leggere, studiare il vangelo; analizzarlo, meditarlo, informarsi presso gli esperti e le esperte, spaccarsi la testa su ciò che non ci torna; provare a viverlo.

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