Il vangelo di questa domenica ci presenta uno degli episodi più noti delle Scritture, o meglio: ci presenta un episodio poco conosciuto che, tuttavia, contiene una delle frasi divenute più celebri della storia: «L’uomo non divida quello che Dio ha congiunto».
Ora, ciò che è interessante è l’eterogenesi dei fini a cui questa espressione è andata incontro: formulata da Gesù per difendere le donne, è divenuta – in tempi più recenti – la clava da scagliare contro le donne.
Vediamo in che senso.
Gesù – in cammino verso le zone della Giudea e oltre il Giordano, istruisce le folle che accorrono a lui. In questo contesto, gli si avvicinano alcuni farisei con l’intenzione di metterlo alla prova. La domanda che gli pongono è «se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie».
In che senso questo interrogativo poteva essere problematico per Gesù?
La risposta era già contenuta nella Bibbia, come di fatti poi gli stessi farisei ammettono: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla».
Perché a Gesù non sarebbe dovuto andar bene quello che diceva il Deuteronomio?
Spesso si ritiene che la domanda fosse tendenziosa perché il quinto libro della Bibbia al capitolo 24,1-4 entrava in contraddizione con quanto scritto nel libro della Genesi: «L’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie, e i due saranno un’unica carne» (Gen 2,24).
Gesù verrebbe posto, quindi, di fronte a una questione insidiosa, in quanto gli è chiesto di dire chi ha ragione tra Torah (Legge) e Torah (Legge), tra la Genesi e il Deuteronomio.
Ma perché – torno a chiedermi – a Gesù non sarebbe dovuto andar bene quello che diceva il Deuteronomio?
Perché vanno a insidiarlo proprio su un tema, come quello del matrimonio, su cui Gesù non aveva mai detto nulla?
A mio parere la risposta sta nel fatto che c’era un’altra tematica collegata a quella del matrimonio che invece stava molto a cuore a Gesù e sulla quale aveva mostrato un modo di pensare e agire decisamente eterogeneo rispetto a quello del suo ambiente di appartenenza. Faccio riferimento al ruolo della donna.
Non a caso la domanda che i farisei pongono («se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie») è unilaterale: non chiedono se sia lecito a un marito ripudiare la propria moglie e a una moglie ripudiare il proprio marito (come, invece, era possibile nella prassi romana di epoca imperiale), ma solo se sia lecito a un uomo ripudiare una donna. E fanno così, perché così prevedeva la legge ebraica. I già menzionati versetti del Deuteronomio che regolavano il divorzio erano tutti riferiti alla possibilità che un marito ripudiasse la moglie (e non viceversa). Per capire di cosa si tratta, ve li riporto:
«Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualche cosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via dalla casa. Se ella, uscita dalla casa di lui, va e diventa moglie di un altro marito e anche questi la prende in odio, scrive per lei un libello di ripudio, glielo consegna in mano e la manda via dalla casa o se quest’altro marito, che l’aveva presa per moglie, muore, il primo marito, che l’aveva rinviata, non potrà riprenderla per moglie, dopo che lei è stata contaminata, perché sarebbe abominio agli occhi del Signore. Tu non renderai colpevole di peccato la terra che il Signore, tuo Dio, sta per darti in eredità».
Ciò che, allora, davvero stanno chiedendo i farisei a Gesù non è di sciogliere un dubbio sulla corretta interpretazione di testi biblici apparentemente contraddittori; gli stanno piuttosto domandando di pronunciarsi a favore del dettato mosaico e, quindi, contemporaneamente di accettare la considerazione della donna ivi contenuta.
Gesù non deve scegliere se dare ragione alla Genesi o al Deuteronomio, ma se rimanere fedele alla sua idea di pari dignità della donna o alla Legge.
La situazione che si presenta è la medesima di molte altre discussioni con i farisei: «Perché mangia e beve insieme ai pubblicani e ai peccatori?», Mc 2,16; «Perché fanno in giorno di sabato quello che non è lecito?», Mc 2,24; «Perché i tuoi discepoli non si comportano secondo la tradizione degli antichi, ma prendono cibo con mani impure?», Mc 7,5; ecc…
Gesù, in tutte queste circostanze, rimane sempre fedele a se stesso e non sacrifica mai nessuna persona sull’altare della norma: mangia anche con chi – per legge religiosa – non poteva mangiare con lui; guarisce anche se si tratta di farlo nel giorno in cui – per legge religiosa – non si poteva guarire; dice che le donne non si trattano come oggetti anche se c’è una legge religiosa che dice il contrario.
Anzi, per ribadire ulteriormente la sua posizione reintroduce quella parità che la Bibbia e i farisei avevano eliso: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio».
L’aver associato queste espressioni di Gesù alla questione dell’indissolubilità del matrimonio (che è una legge religiosa) e averle usate contro le donne (quando hanno iniziato ad avere la possibilità di separarsi / divorziare) mi pare un’operazione non proprio in linea con la prassi di Gesù.