Questa settimana ci ritroviamo per ben due volte a leggere la passione e morte di Gesù: la prima durante la domenica delle palme (secondo la versione dell’evangelista Marco), la seconda durante il venerdì santo (nella versione di Giovanni).
In entrambi i casi, il testo è molto lungo: se per descrivere la vita pubblica di Gesù fino a questo momento ci sono voluti 13 capitoli per Marco e 12 per Giovanni, ora il modo di narrare cambia e, per narrare ciò che accade in pochi giorni, ci si dilunga per diversi capitoli (il 13° e il 14° di Marco; addirittura dal 13° al 19° per Giovanni).
I testi della passione, infatti, prevedono un’altra scansione narrativa rispetto a quanto li precede.
È come se gli autori volessero farci vivere “minuto per minuto” le ultime ore di vita di Gesù.
Questo permette di far entrare in scena numerosi personaggi, ognuno con una sua conformazione psicologica e un suo ruolo, ma soprattutto ci permette di “prendere parte alla scena” e di guardarla da vari punti di vista: possiamo immedesimarci nella meschinità di Giuda, nella pavidità di Pietro, nella bestialità dei soldati, ma anche nell’impotente cura della donna di Betania, nella fatica di Simone di Cirene, nello sguardo del centurione sotto alla croce o nel coraggio di Giuseppe d’Arimatea.
Non si tratta tanto di scegliere chi saremmo stati, che ruolo avremmo svolto, in chi ci rivediamo maggiormente, perché ognuno dei personaggi che entra in scena ci abita.
Nella scena della passione, va “in scena” l’umanità nella sua complessità, l’umanità complessa che c’è in ciascuno di noi.
Ognuno di loro è in noi e noi siamo tutti loro.
È per questo che – credo – questi giorni vadano vissuti nel silenzio… per lasciar parlare, dentro a ciascuno/a di noi, ognuno di questi personaggi per sentire le loro ragioni (che sono le nostre), le loro paure (che sono le nostre), i loro retro-pensieri (che sono i nostri).
Ritengo che questo possa essere un buon modo per non farci scivolare addosso quanto celebreremo nei prossimi giorni e portare ai piedi della croce, in trasparenza, la nostra complessa umanità, perché venga guardata amorevolmente da lassù.