Il vangelo di questa quinta domenica di quaresima è tratto da Giovanni: siamo al capitolo 12, durante l’ultima discesa di Gesù a Gerusalemme, quella che gli sarà fatale.
Alcuni Greci esprimono a Filippo il desiderio di vedere Gesù.
A questo punto si mette in moto un certo via vai, perché Filippo, invece di andare direttamente da Gesù, va da Andrea, ed è solo a quel punto che i due vanno, insieme, da Gesù.
Questo andirivieni lascia supporre una certa frenesia, come se ci fosse una certa tensione nell’aria.
Forse i discepoli non sapevano se fosse un momento opportuno?
O forse, l’attenzione rivolta al loro maestro da questi Greci li ha messi in agitazione?
In ogni caso, la risposta di Gesù e quanto segue paiono non c’entrare nulla con i Greci in questione…
Essi non vengono più menzionati e non si sa più nulla di loro…
Ma forse questo non è un caso…
Quei Greci siamo noi…
E tutto l’episodio è la risposta per chiunque esprima il medesimo desiderio, espresso dai Greci, di vedere Gesù.
Le parole che Egli pronuncia, infatti, sembrano essere un’implicita ammonizione a chi chiede di vederlo.
Come se Gesù dicesse: “Cosa volete vedere? Sapendo quello che sto per dirvi, avrete ancora il desiderio di avere a che fare con me?”.
Quello che “sta per dire” è, infatti, l’annuncio della sua prossima morte.
Alla quale, tuttavia, Gesù vuole dare una spiegazione in anticipo (un po’ come fa nei sinottici con le parole sul pane e sul vino): «Se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto».
È come se Gesù dicesse: “Io sono questa ‘cosa’ qui: colui che ritiene (e poi lo fa davvero) che la vita dia frutto solo se donata”.
Chi vuole vedere me, chi vuole seguire me deve sapere che questa è la mia idea di esistenza: «Chi ama la propria vita, la perde e chi odia la propria vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna. Se uno mi vuole servire, mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servitore».
Saputo questo, vogliamo ancora avere a che fare con lui?
Questa è la domanda con cui Gesù risponde implicitamente ai Greci.
Questa è la domanda per chiunque esprima il desiderio di vederlo, di seguirlo.
È una domanda per noi.
La passione e morte di Gesù, che ci approssimiamo a rivivere nelle prossime settimane, è il punto di non ritorno nella nostra scelta di essere sue discepole, suoi discepoli.
È la pietra d’inciampo: qui si capisce che seguirlo non significa aderire a un ideale di buon senso, di buone pratiche, di buoni sentimenti… seguirlo è qualcosa che ci compromette.
È scegliere la logica dell’amore che sa dare la vita a quella dell’autoreferenzialità che la salva.
Vogliamo ancora vederlo?