Il vangelo di questa quarta domenica di quaresima è tratto dal vangelo di Giovanni e in particolare dal famoso discorso tra Gesù e Nicodemo che si snoda nel capitolo 3.
Il testo è stato scelto per questo periodo di preparazione alla Pasqua perché contiene dei chiari riferimenti alla morte di Gesù («bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo»).
Queste notizie anticipate sulla fine non sono dovute – è sempre bene ricordarlo – al fatto che gli evangelisti fossero degli indovini che conoscevano “in anticipo” le cose prima che accadessero, ma al fatto che i vangeli sono stati scritti dopo che la vita di Gesù si era conclusa (e non durante).
È alla luce di quello che hanno visto (di tutta la parabola della vita di Gesù) che – a distanza di qualche decennio – hanno voluto scrivere la loro testimonianza di fede.
E a distanza il dato di fatto che non potevano non rilevare era che ciò che a loro (evangelisti, discepoli, credenti) sembrava la cosa più bella che potesse capitare all’umanità (la rivelazione fattaci da Gesù sull’identità solo buona di Dio), da molti era stata rifiutata o ignorata («la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce»).
La considerazione è ancora più amara, se si pone l’attenzione sull’annuncio di Gesù circa l’identità di Dio e sulla relativa proposta di vita rivolta all’umanità.
L’annuncio, infatti, è il seguente: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui».
Questa è la buona notizia che Gesù è venuto a rivelarci: l’identità di Dio è diversa da quella che si pensa(va).
E ciò comporta anche un cambiamento di mentalità (una conversione) circa la nostra identità.
Se il Figlio non è venuto per giudicare, ma per salvare, noi non siamo persone sotto giudizio, ma persone salvate.
Ecco perché la proposta di vita che il Signore ci fa non è quella di un’adesione a un codice etico che ci permetta di ottenere un giudizio positivo, ma è quella di vivere da salvati.
Di rinascere come persona nuove, non più come persone che vivono nella paura (del giudizio), ma come persone che si sanno salvate (amate).
Perché, allora, continuiamo a preferire le tenebre della paura alla luce dell’amore?