La parabola contenuta nel vangelo di questa domenica è molto nota, si tratta di quella dei talenti.
La conosciamo bene perché sembra molto immediata e spesso viene usata nell’educazione cristiana.
Il messaggio veicolato è evidente ed edificante: non sprecare i talenti che hai, ma investili, falli fruttare, dai il meglio di te.
Al di là di questi slogan motivazionali, tuttavia, forse c’è dell’altro.
La parabola, infatti, suggerisce un legame diretto tra l’idea di Dio che si ha in testa e il comportamento che si decide di adottare.
Il primo servo non dice nulla sulla sua idea di Dio, il secondo lo chiama “Signore” e poi null’altro, il terzo invece lo identifica come “un uomo duro, che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso”.
Quest’ultimo – data l’idea che ha del suo padrone – ne ha giustamente paura e agisce di conseguenza.
Gli altri due, invece, non hanno paura. La loro idea del padrone può essere evinta dal loro comportamento: entrambi, appena ricevuti i talenti, vanno subito a impiegarli. Quel “subito” fa pensare a uno slancio entusiastico e ottimista. I due hanno voglia di mettersi in gioco, sono mossi dalla positività. Solo chi parte da una base sicura ha questi atteggiamenti.
Eccola, dunque, la loro idea del padrone: è una base sicura da cui partire, qualcuno che gli sta accordando fiducia, qualcuno che crede nella loro buona riuscita.
Fuor di metafora, il modo di agire dei primi due e quello del terzo rappresentano il nostro modo di agire rispetto all’idea che abbiamo di Dio.
Gesù vuole far cambiare la mentalità (convertire) le persone all’idea di Dio come base sicura, sguardo benevolente, spinta incoraggiante.
Il dio che fa paura non è il Dio che Egli è venuto a rivelare. Non è dio! È una nostra proiezione annichilente, sfruttata spesso dal potere religioso per controllare le coscienze e manovrare le persone.
Davvero chi vive nella paura (di dio) si ritrova in una situazione dove vi è «pianto e stridore di denti».
La buona notizia è che quello non è dio! Il Dio che Gesù è venuto a rivelarci assomiglia molto di più a quello che hanno in testa i primi due servitori.
Potremmo allora chiederci: quale idea di Dio desumiamo dal nostro modo di agire? O, se preferite, il nostro modo di agire quale idea di Dio rivela che abbiamo in testa?