Dal Vangelo secondo Luca (Lc 3,10-18)
In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.
In questa terza domenica di avvento, il vangelo, come avevamo anticipato settimana scorsa, ci parla ancora di Giovanni Battista, continuando quel confronto tra la sua predicazione e quella di Gesù che serve proprio per far emergere la figura di quest’ultimo.
L’idea dell’evangelista Luca è infatti questa: mostrare Giovanni con tutti gli aspetti positivi che lo contraddistinguono, ma anche nella sua distanza da Gesù, in modo che chi legge scelga come punto di riferimento Gesù e non Giovanni, quello che dice Gesù e non quello che dice Giovanni, il volto di Dio che rivela Gesù, non quello che propone Giovanni…
La difficoltà sta nel fatto che Giovanni era una figura positiva, non negativa. Se si fosse trattato di un rivale opposto a Gesù (come per esempio possono apparire in certi testi i farisei), cioè di un “nemico”, di un’antagonista malevolo, gli evangelisti lo avrebbero trattato diversamente, avrebbero smontato più palesemente la sua posizione (teologica).
Trattandosi però di un amico, anzi, di un punto di riferimento per Gesù stesso, è più difficile sottolinearne la distanza, senza maltrattarlo troppo.
È un po’ come per noi… se dobbiamo prendere le distanze da qualcuno che notoriamente è un nostro avversario, non ci mettiamo molto ad alzare i toni, a denigrare la sua posizione, o per lo meno a smontarla (pensate come questo avviene quotidianamente tra rappresentanti di partiti politici diversi); ma se le distanze le dobbiamo prendere da un nostro amico, il discorso si fa più circospetto, si usano giri di parole, si moltiplicano gli avverbi, le smussature, e così via. Cioè si cerca di “indorare la pillola”, o almeno di renderla il meno amara possibile.
Così sono costretti a fare gli evangelisti col Battista. Devono far sì che i loro lettori ne prendano le distanze a favore di Gesù, ma senza essere troppo espliciti.
Infatti, come vi vede nel testo di oggi, vengono messi in luce anche i punti di contatto tra i due (gli aspetti positivi di Giovanni). Alle folle infatti diceva: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto»; ai pubblicani (ebrei esattori delle tasse che oltre a richiedere quello che ogni famiglia doveva dare ai romani, aggiungevano un surplus che finiva nelle loro tasche) suggeriva: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato»; ai soldati (che essendo conquistatori in terra straniera spesso avevano atteggiamenti prepotenti, aggressivi, violenti e insolenti) annunciava: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe».
Insomma, frasi che avrebbe potuto dire anche Gesù.
Eppure…
Prima e dopo queste affermazioni, l’evangelista Luca ne riporta altre che mostrano chiaramente la lontananza tra la prospettiva di Giovanni e quella di Gesù. Il Battista aveva infatti appena finito di dire «Razza di vipere, chi vi ha fatto credere di poter sfuggire all’ira imminente? Fate dunque frutti degni della conversione e non cominciate a dire fra voi: “Abbiamo Abramo per padre!”. Perché io vi dico che da queste pietre Dio può suscitare figli ad Abramo. Anzi, già la scure è posta alla radice degli alberi; perciò ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco».
Giovanni annunciava quindi l’arrivo imminente dell’ira di Dio, mentre Gesù annuncerà l’arrivo del Regno di Dio. Le prime parole che Luca fa dire a Gesù durante il suo annuncio in Galilea sono infatti: «Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, a proclamare l’anno di grazia del Signore. […] Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato» (Lc 4,18-19.21).
C’è una bella distanza tra l’annuncio dell’ira di Dio e la proclamazione di un annuncio lieto!
Inoltre Giovanni parlava di una scure posta alla radice degli alberi che non danno frutto, mentre Gesù, proprio nel vangelo di Luca, racconterà una parabola che dice tutto il contrario: «Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora
quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”» (Lc 13,6-9).
Nessuna scure, quindi, anzi, del tempo in più…
Insomma… due idee di Dio proprio diverse quelle di Giovanni e di Gesù…
A noi decidere di chi essere discepoli.