Come di consueto, la prima domenica di quaresima ci presenta il vangelo delle tentazioni di Gesù nel deserto, quest’anno secondo l’evangelista Matteo.
È interessante chiedersi da chi viene tentato Gesù, su cosa e in quale modo resiste.
Alla prima questione sembra facile rispondere: Gesù viene tentato da satana.
Il punto è capire chi sia questa figura biblica che ha per nome quella di “divisore”.
Nel nostro immaginario satana ha assunto una serie di connotazioni folkloriche che lo caratterizzano come una specie di mostro di colore nero, con la coda, la zampa caprina, ecc… In realtà la storia di questa raffigurazione rivela che questi connotati sono stati attribuiti a satana quando esso ha iniziato a personificare il male e ad assumere su di sé alcuni elementi delle divinità pagane che il cristianesimo voleva eliminare dalla scena.
Stando al testo biblico, satana ha più le fattezze di una voce interiore che divide (noi da Dio, noi da noi stessi, noi dagli altri / dalle altre). È con questa voce interiore che Gesù stesso lotta. Potremmo quasi azzardarci a dire che Gesù, in questa pagina, lotta con se stesso.
Da questo punto di vista può essere molto istruttivo anche rispondere alla seconda questione: su cosa Gesù viene tentato? A ben guardare, tutte e tre le tentazioni vertono sull’identità stessa di Gesù (come se Gesù si chiedesse: “Chi sono io? Che messia sono?”), sul suo rapporto con Dio (“Di quale Dio sono figlio? Qual è il volto di Dio che devo rivelare?”), sulla sua relazione con le altre persone (“Chi devo essere per gli altri / le altre? Chi sono gli altri / le altre per me?”).
La prima tentazione, infatti, ipotizza che Lui potrebbe essere il messia che trasforma le pietre in pane, dunque il figlio di un Dio che risolve i problemi della storia, annullando la storia, la fatica, il tempo, il cambiamento, ricorrendo alla magia. In questo modo il rapporto con le altre persone risulterebbe un rapporto di dipendenza e, perciò, di sottomissione.
La seconda tentazione, invece, ipotizza che Gesù potrebbe essere il messia ribelle, il figlio che sfida il padre per vedere se cede al suo ricatto, cioè se è un Dio ricattabile. Il rapporto con le altre persone sarebbe, quindi, quello della sudditanza, non più fisica (come nella prima, in cui lo si sarebbe seguito per avere il pane), ma psicologica, per cui la relazione è impostata sul ricatto affettivo.
La terza tentazione, infine, ipotizza che Gesù potrebbe essere il messia che è sceso a patti con satana per avere in cambio potere e gloria. In questa prospettiva Dio sarebbe liquidabile in cambio di qualcuno che dà qualcos’altro rispetto a quello che dà lui (amore). Il rapporto con le persone si ridurrebbe a quello che si può instaurate con i sudditi impauriti dall’eccesso di divario tra la loro insignificante potenza e quella incommensurabile del sovrano.
L’analisi delle tentazioni mette in luce, a mio parere, come sia convincente l’ipotesi che Gesù stia lottando con se stesso, nel faticoso percorso di diventare uomo, che significa “dello scegliere che uomo diventare”.
Anche il modo in cui resiste a queste tentazioni e, dunque, il modo in cui sceglie di essere chi poi è stato (il Gesù che ci fanno conoscere i vangeli) è molto interessante.
Gesù risponde ogni volta citando la Bibbia.
Basta allora stare agganciati alla parola di Dio contenuta nell’Antico Testamento per vincere le tentazioni?
No.
Perché satana stesso cita la Bibbia (nella seconda tentazione).
Non basta citare la Bibbia per vincere le nostre lotte interiori e far emergere la persona migliore che possiamo essere: bisogna saperla citare a proposito, cioè bisogna conoscerne l’intenzione profonda, il messaggio complessivo, l’idea di Dio e di uomo / donna che contiene.
Ecco perché – per i cristiani e le cristiane – diventa fondamentale rileggerla alla luce di quanto Gesù ha detto e fatto… cioè alla luce dell’interpretazione che Egli ha dato a quelle parole che, altrimenti, rischiano di essere ambigue e giustificare tutto e il contrario di tutto.
La storia di Gesù ci ha insegnato che Dio è amore (e non odio), perdono (e non punizione), pace (e non guerra), delicatezza (e non violenza), accoglienza (e non rifiuto), attenzione a chi è in difficoltà (e non disprezzo), cura (e non abbandono), inclusione (e non esclusione), …
Ogni volta che si cita la Bibbia per odiare, invocare punizioni, aizzare guerre, violenze, rifiuti, disprezzo, abbandono, esclusione, …, si sta dalla parte di satana, cioè si sta dando voce a quella parte di noi che non è ancora stata evangelizzata.