Il vangelo di questa domenica ci presenta il famoso episodio del “giovane ricco”, che nella versione dell’evangelista Marco non è un giovane, ma semplicemente “un tale”.
È un testo molto noto, che non necessita di particolari spiegazioni.
Mi soffermerò pertanto su alcuni aspetti che mi hanno colpito.
Innanzitutto lo slancio di questa persona che «corse incontro [a Gesù] e, gettandosi in ginocchio davanti a lui, gli domandò: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?”».
I verbi usati sottolineano un trasporto molto forte: correre incontro, gettarsi in ginocchio e … aggiungeremmo noi nella nostra prosa odierna… “tutto d’un fiato” chiedere cosa fare perché il nostro esistere non vada perso.
C’è una grande passione in quest’uomo, un incontenibile bisogno di porre la questione che lo angoscia al Maestro.
La prima risposta di Gesù sembra più contenuta, quasi che – attraverso essa – volesse studiare il suo interlocutore, misurarlo: «Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non testimoniare il falso, non frodare, onora tuo padre e tua madre».
Quello però gli fa capire che l’osservanza dei comandamenti non esaurisce la sua sete: «Maestro, tutte queste cose le ho osservate fin dalla mia giovinezza» … “ma non mi bastano” – pare sottindere. Non gli bastano a rendere piena la sua vita.
Chissà cosa si aspettava che Gesù gli dicesse?
Prima di presentarci la risposta di quest’ultimo, però, l’evangelista Marco introduce una notazione su ciò che si scatena – a livello emotivo – in Gesù stesso: «Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò».
A Gesù piace questa persona che affannosamente vuole sapere come vivere in pienezza la sua vita e a cui non basta il rispetto delle regole della convivenza civile della società di allora. Fissa pertanto lo sguardo su di lui e lo ama.
Per capire quanto intenso dev’essere stato questo sguardo, possiamo provare a pensare a quando è capitato a noi di guardare qualcuno così o di essere guardati da qualcuno con questa intensità…
Le parole che seguono sono cariche di speranza: «Una sola cosa ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!».
Gesù spera che questa persona – così trasportata dalla ricerca di un senso da dare alla vita – lo segua: molli tutto quello che compone la sua esistenza fino a quel momento (e che lo lasciava insoddisfatto) per intraprendere una nuova esperienza, dietro a lui, con lui.
Certo, c’è la questione delle ricchezze da lasciare, che diventano centrali nella seconda parte del brano perché saranno il motivo per cui l’uomo declinerà la proposta di Gesù.
Ma a questo punto del testo, la suspance non riguarda i beni, ma la convinzione di Gesù che seguirlo e vivere secondo il suo vangelo possa essere davvero la risposta alla domanda – che tutti abbiamo dentro – su cosa fare per non sprecare la vita, per viverla in pienezza.
Perché – come viene detto in chiusura – «non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi per causa mia e per causa del Vangelo, che non riceva già ora, in questo tempo, cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e la vita eterna nel tempo che verrà».
Ma, la persona che si è buttata ai piedi di Gesù non si fida della sua parola, non abbastanza almeno da provarci e preferisce tornare alla sua vita agiata, che però non lo fa felice.
La questione per noi diventa quella della domanda sulla nostra vita: abbiamo trovato una pienezza o siamo alla ricerca di un senso?
Il punto – a mio parere – è che questo brano spesso è stato usato per suscitare sensi di colpa nelle persone non indigenti e spronarle a lascaire i propri beni, mentre in realtà ciò che c’è in gioco è qualcosa di più radicale e riguarda la fiducia che siamo disposti a concedere a Gesù e alla sua parola che dice che dietro a Lui e al suo vangelo si possa trovare una vita così bella che sfonda anche i confini della morte.
Ma – mi domando – conosciamo a sufficienza la proposta di Gesù, il suo vangelo, per sapere (almeno) qual è la vita che ci propone? Prima ancora di dire sì o no, sappiamo di cosa si tratta?
A volte ho la sensazione che abbiamo preferito le quattro indicazioni che ci hanno dato da piccoli a catechismo, i luoghi comuni su chi sarebbe un buon cristiano, i sensi di colpa sul sesso e sul denaro, senza mai prenderci la briga di approfondire – con la passione del “tale” del brano di oggi – cosa volesse dire quel «Vieni e seguimi».